Puntare sulle energie rinnovabili è una strada obbligata dalla tassonomia europea, ma bisogna procedere senza gli occhi bendati dell’ambientalismo ideologico
La Germania sabato ha spento le ultime tre centrali nucleari disconnettendole definitivamente dalla rete elettrica nazionale, ma il fabbisogno energetico rimasto scoperto verrà colmato facendo ricorso al carbone, e non alle energie rinnovabili. I Verdi hanno festeggiato ugualmente, salutando l’addio all’atomo con l’allestimento di un origami, entrando però in rotta di collisione con Greta Thumberg, paladina dell’ambientalismo mondiale che ha detto di considerare un pessimo affare lo spegnimento del nucleare per sostituirlo col carbone. Il dibattito sull’atomo è dunque destinato a proseguire a lungo, e il nucleare resterà inevitabilmente il convitato di pietra della transizione ecologica: la Commissione europea ha presentato a marzo il piano industriale per incentivare le tecnologie ad emissioni zero elencando otto fonti rinnovabili su cui puntare e, dopo settimane di divisioni interne all’esecutivo Ue, l’atomo è rimasto fuori dall’elenco dopo essere comparso nelle bozze iniziali. Un blitz che ha colto molti di sorpresa, perché l’energia nucleare era stata inserita nel novero delle tecnologie verdi strategiche e la scelta era stata confermata nel luglio scorso da un voto dell’Europarlamento. Allora prevalsero ragione e pragmatismo, nella consapevolezza che per affrontare una complicata fase di transizione energetica è utopistico puntare solo sulle energie rinnovabili, ma poi ha prevalso l’approccio ideologico, che insieme alla burocrazia imperante è uno degli elementi di lontananza dell’Unione dalla realtà degli Stati membri, alcuni dei quali stanno lavorando da anni allo sviluppo dei nuovi reattori modulari.
La posizione dell’Italia
In questa situazione di incertezza, la posizione del governo italiano – con tutte le cautele del caso – è favorevole a riaprire il dossier nucleare, ipotizzando l’inserimento dei reattori nel piano energetico a lungo termine. Non poteva essere diversamente, visto che il programma elettorale del centrodestra prevede l’installazione di impianti nucleari di nuova generazione. Il ministro Pichetto Fratin per ora si è limitato a dire che è intenzione dell’esecutivo approfondire il tema, aggiungendo significativamente però che il nostro Paese dovrà stare “nel gruppo di partner di testa della conoscenza sul settore”. Entro il 30 giugno, in ogni caso, l’Italia dovrà presentare alla Commissione europea l’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, che definirà la strategia da ora al 2030 per ridurre le emissioni, aumentare l’efficienza energetica e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, e il nucleare potrebbe affiancare le fonti rinnovabili. In questo senso, il patto industriale siglato da Edison, Adf e Ansaldo per la costruzione di reattori nucleari è una spinta a smuovere le acque della politica, sperando che a Bruxelles torni a prevalere il buonsenso.
Oltre l’ambientalismo ideologico
Intanto, grazie alle intese sul gas africano e ai rigassificatori, l’Italia ha superato quasi del tutto la dipendenza dalla Russia, e col piano Mattei che prenderà forma in autunno l’obiettivo è diventare l’hub energetico del Mediterraneo, ma guardando al futuro non si potrà prescindere dal nucleare pulito, visto che le nostre imprese dispongono già delle tecnologie necessarie, anche se prima di progettare la costruzione di nuove centrali sarà necessario un approfondito dibattito parlamentare. Puntare sulle energie rinnovabili è una strada obbligata dalla tassonomia europea, ma bisogna procedere senza gli occhi bendati dell’ambientalismo ideologico: oggi infatti sono in grado di produrre poca quantità di energia, perché dipendono da eventi imprevedibili e vanno dunque potenziate, ma per una realistica transizione ecologica, se vogliamo liberarci del carbone, sarà ineludibile il ricorso al nucleare di ultima generazione, con tutte le più moderne garanzie di sostenibilità.