Nomine Rai tra le polemiche: ma fa ridere la sinistra che si indigna

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Mentre il centrodestra esulta, definendo le nuove nomine Rai garanzia di pluralismo e professionalità, il Pd denuncia “la peggiore lottizzazione di sempre”

Il cda della Rai ha dato il via libera all’attesa tornata di nomine, e non ci sono state sorprese: Gian Marco Chiocci al Tg1, Antonio Preziosi al Tg2, Francesco Pionati al Gr, Jacopo Volpi a Raisport. Ma non c’è stata unanimità tra i consiglieri: la presidente Marinella Soldi, infatti, già nei giorni scorsi aveva fatto trapelare il suo dissenso, mentre la consigliera in quota Pd, Francesca Bria, aveva parlato, in una dichiarazione a Repubblica, di nomine “irricevibili nel merito e nel metodo” e di “lottizzazione selvaggia dell’azienda da parte della maggioranza”. Un altro no è arrivato dal consigliere eletto dai dipendenti Riccardo Laganà. Il consigliere in quota grillina si è invece astenuto, consentendo così che le nomine passassero con i soli tre voti dell’ad Roberto Sergio e dei due consiglieri di maggioranza, Simona Agnes e Igor De Biasio. L’Usigrai – il sindacato dei giornalisti Rai – è insorto parlando di “piena invadenza e interferenza del governo”, stigmatizzando, oltre alle scelte di giornalisti esterni, la scarsa presenza femminile.

Nomine Rai: centrodestra esulta, Pd si indigna

Mentre il centrodestra esulta, definendo le nuove nomine come una garanzia di pluralismo e professionalità, il Pd denuncia “la peggiore lottizzazione di sempre”, ma è un’indignazione molto poco credibile per chi ha memoria delle vicende Rai degli ultimi trent’anni, dove il progressismo militante l’ha sempre fatta da padrone. Basti ricordare la clamorosa ammissione – si era nel gennaio 2010 – dell’allora presidente Garimberti, il quale ammise che, nonostante il centrodestra fosse al governo nella Rai c’erano “più programmi anti-Berlusconi che pro Berlusconi”.

Rai, un monocolore democratico

Del resto, che la Rai sia stata per lunghi tratti un servizio pubblico agli ordini della sinistra è una realtà difficilmente contestabile. Nella Prima Repubblica, almeno, il pluralismo era garantito da TeleNusco, TeleCraxi e TeleKabul, con il Tg1, il Tg2 e il Tg3 spartiti tra Dc, Psi e Pci. Quella, almeno, fu una lottizzazione democratica, ma dopo la discesa di Berlusconi nell’arena politica, col pretesto di arginarne lo strapotere mediatico, la Rai si è trasformata in un monocolore democratico, ma in senso di partito, ossia prima del Pds e poi del Pd. E sempre con l’obiettivo spacciato per virtuoso di lottizzare la Tv pubblica in nome del pluralismo: quando l’Unione approdò al governo nel 2006, ad esempio, mise in atto un autentico blitz con cui venne sostituito il consigliere di amministrazione della Rai Petroni, rimpiazzato da Fabiano Fabiani, e furono silurati in un colpo solo Fabrizio Del Noce (Rai Uno), Antonio Marano (Rai Due) e Agostino Saccà (Rai Fiction) aprendo la strada al totale controllo della Rai da parte della sinistra. Una purga senza precedenti (altro che editto bulgaro…) nonostante che il centrosinistra avesse vinto le elezioni con un margine di voti risicatissimo. D’Alema, allora ministro degli esteri, dalla Festa dell’Unità di Bologna lanciò addirittura una lista di proscrizione facendo i nomi di Mimun e di Mazza come direttori da cacciare dal Tg1 e dal Tg2.

Emma Bonino allora commentò: “Le lottizzazioni sono state fatte all’insegna di un baratto permanente tra i vertici della partitocrazia. Un baratto del quale sono stati attori e beneficiari le organizzazioni della sinistra ufficiale…”. L’ultimo retaggio di quell’epoca antica è rimasto TeleKabul, definita da Polito come “una vera e propria chiave di accesso al cuore e alle menti del popolo di sinistra”, “resistenza catodica di un mondo che fu, a metà tra Guccini e Ingrao”, e di un “rompicapo fin dai tempi del Pci” che “va benissimo quando la sinistra è all’ opposizione, e anzi ne diventa il simbolo: quante carriere, quanti martirologi, da Michele Santoro a Sabina Guzzanti, si sono costruiti in quegli studi cantando ‘Bella Ciao’ contro il regime berlusconiano?”. Ora quel feudo giornalistico-ideologico diventa una sorta di fortino assediato, ma per il pluralismo non è una cattiva notizia, anche se il Pd finge di indignarsi ora che la destra al governo adotta lo spoil-system di cui la sinistra ha abusato per anni.

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