C’è tutto Giancarlo Giorgetti nella nota diffusa dal suo ministero venerdì sera a commento del giudizio sull’Italia rilasciato dall’agenzia di rating Moody’s. Giorgetti lo accoglie “con molta soddisfazione” per aggiungere subito dopo l’augurio che le politiche di bilancio del governo “prudenti, responsabili e serie, pur nelle legittime critiche di un sistema democratico, siano confermate anche dal Parlamento”.
Ci sono due sottolineature importanti nelle parole del ministro dell’Economia: il governo ha agito in modo prudente e responsabile, il che è una chiara copertura istituzionale all’esecutivo e alla presidente Meloni, e non poteva essere altrimenti. Il secondo elemento interessante nelle sue parole è la difesa dell’autonomia del Parlamento, la libertà dei parlamentari di esprimere critiche alla manovra sia pure augurandosi di vederla confermata.
Giorgetti manda un segnale alla sua maggioranza: le risorse sono scarse e bisogna frenare le insoddisfazioni
Non meno interessante è capire a quali interlocutori, si intende politicamente identificabili con tanto di nome e cognome, si è rivolto Giorgetti, al di là del generico riferimento all’istituto parlamentare. È difficile scorgere nelle sue parole un richiamo alle opposizioni le quali fanno, come possono e come sanno, il loro lavoro. Più verosimilmente il suo auspicio è rivolto a quei settori della maggioranza, che sono nella Lega e in Forza Italia, perché sappiamo frenare la loro insoddisfazione per quei capitoli della manovra che non hanno corrisposto ai loro desideri.
Le pensioni, si sa, sono la bandiera che Matteo Salvini agita dai tempi del governo giallo-verde, così pure Forza Italia, impegnata nella battaglia per innalzare le pensioni minime. Su questo capitolo la manovra di bilancio ha potuto fare molto poco. Le risorse a disposizione di Meloni sono scarse, ma corrispondere al Patto di Stabilità era un must per un esecutivo in attesa di un giudizio dei mercati.
La conferma del rating da parte di Moody’s e addirittura il miglioramento delle previsioni da “negativo” a “stabile” era il riconoscimento atteso da Giorgia Meloni. La sua premiership ne esce sicuramente rinvigorita nel breve periodo, e questo le consegna spazi di manovra politica all’interno di quei settori della maggioranza che mostrano qualche sofferenza verso una guida dell’esecutivo che sceglie spesso le vie spicce per le sue decisioni. E’ il caso dell’accordo con l’Albania, fino all’ultimo tenuto segreto ai suoi alleati.
Moody’s non vede minacce all’orizzonte per Meloni
La navigazione del governo non subirà scosse per i prossimi mesi. Vuoi per la determinazione di chi lo guida, vuoi per le opposizioni divise e impegnate in una sanguinosa competizione fra di loro, Meloni non deve temere insidie particolari. Non si vedono nubi minacciose all’orizzonte.
Qualche nuvola di può trovare sui cieli di Bruxelles. Giovedì 23 novembre la Commissione farà conoscere le sue prime valutazioni sulle leggi di bilancio, una circostanza temuta fino a qualche tempo fa ma decisamente meno preoccupante dopo il rating di Moody’s.
Giorgetti bada alla stabilità del Paese ed evita toni trionfalistici
Ecco, si diceva di Moody’s. Un ministro prudente e responsabile quale è Giorgetti ha evitato i toni trionfalistici della maggioranza. Il ministro dell’Economia e la propaganda elettorale sono destinati a non incontrarsi mai se si vogliono evitare conseguenze destabilizzanti al Paese. Mostrine, pennacchi e squilli di fanfara sono arnesi che stanno bene nelle mani dei capigruppo o di Salvini e di Tajani. A Giorgetti è vietato anche solo guardarli. Avvicinato all’Alpitour di Torino, subito dopo il trionfale match di Jannik Sinner contro Danil Medvedev, qualcuno ha sentito dal ministro parole di moderata soddisfazione per il giudizio di Moody’s e altre invece di viva preoccupazione per un futuro se non prossimo certo neppure remoto.
In fondo, l’agenzia americana che cosa ha detto? Bene la stabilità della finanza pubblica, attenzione però dal lato della crescita destinata a rimanere modesta nel 2024 e a frenare ulteriormente nel 2025. Meno crescita significa, a legislazione e politiche di bilancio invariate, più deficit e dunque più debito. Essendo la sua discrezione paragonabile a quella di un montanaro, Giorgetti non ha potuto evocare il canto carnascialesco attribuito a Lorenzino de’ Medici. “ … quanto è bella giovinezza/che si fugge tuttavia/ del doman non c’è certezza/chi vuol essere lieto sia”.