Katharina Zeller, neosindaca di Merano, è riuscita a rendere la sua elezione un caso mediatico senza precedenti. Il rifiuto della fascia tricolore, in quel siparietto che l’ha vista protagonista insieme al primo cittadino uscente Dario Del Medico, ha portato Zeller sulle prime pagine dei giornali nazionali, ma non per la sua vittoria, quanto per l’indignazione che quel gesto ha provocato.
Per capire perché, però, questo gesto assuma contorni piuttosto complessi è necessario comprendere la storia del luogo in cui si è verificato. Merano è un comune della provincia autonoma di Bolzano, ovvero un territorio italiano che però gode di un’autonomia unica, insieme a Trento, per fattori prettamente culturali. I due capoluoghi del Trentino Alto Adige presentano infatti un fondamento storico-giuridico di carattere internazionale, una forte minoranza linguistica e un particolare sistema di rapporti che tiene unite tra loro la Regione e le province autonome.
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All’interno di questo contesto, quindi, convivono culture, lingue e tradizioni che sono ben diverse da quelle italiane. Una frattura che risale alla fine della Prima Guerra Mondiale, quando il Tirolo è stato assegnato al Regno d’Italia. Ancora oggi, però, la questione alto atesina resta al centro dei dibattiti regionali, mentre il resto del Paese sembra effettivamente non accorgersene.
Così, quando il membro di un partito come il Sudtiroler Volkspartei (Svp), che rappresenta gli interessi dei gruppi linguistici tedesco e latino del Trentino Alto Adige, tenta di prendere una posizione decidendo di indossare solo il medaglione cittadino, scoppia la polemica. Come se nel resto d’Italia, l’unificazione culturale e linguistica avesse funzionato alla perfezione. Come è noto, il nostro Paese subisce ancora l’influsso delle numerose colonizzazioni subite, con intere Regioni che parlano dialetti spesso incomprensibili a chi vive in altre realtà.
La Sardegna, ad esempio, in nome della storia millenaria che ha interessato l’isola, continua ancora a lottare affinché il sardo sia riconosciuto come seconda lingua ufficiale. Eppure, il rifiuto della fascia tricolore sconvolge come se nessuno di questi eventi si sia effettivamente mai verificato, come se l’Unità d’Italia avesse realmente spazzato via tutte le differenze che hanno da sempre caratterizzato la nostra penisola.
Al centro del dibattito, quindi, resta il rispetto per un simbolo che rappresenta la carica istituzionale rivestita dal Primo Cittadino, così come l’eccellenza dell’unità nazionale. Proprio su questo punto nasce lo scontro politico su Zeller, che avrebbe rifiutato la responsabilità di chi governa un territorio in nome della Repubblica, preferendo invece dare spazio al medaglione cittadino, simbolo del sindaco come rappresentante dell’amministrazione.
“Il tricolore non si rifiuta“, ha tuonato l’europarlamentare di Fratelli d’Italia, Elena Donazzan, sostenendo che “la fascia non è un semplice accessorio, ma è il simbolo della nostra Repubblica, dell’unità nazionale, de rispetto per tutti i cittadini italiani“. Un punto di vista che l’intero centrodestra ha condiviso, condannando il gesto di una sindaca che è stata sostenuta dai partiti delle opposizioni.
E proprio dal centrosinistra, invece, giunge il silenzio. Dal Partito democratico nessuna voce si alza a condannare o sminuire il gesto, se non per il leader di Avs, Angelo Bonelli, che sottolinea come nessuno nel Paese sia intenzionato a chiedere a Zeller di “rinunciare alla propria identità culturale“, ma al contempo ritiene di dover mettere in luce che “chi amministra una città italiana lo fa all’interno di un ordinamento repubblicano che merita rispetto“.
Una presa di posizione che ha convinto a scendere in campo anche Julia Unterberger, madre di Zeller e senatrice di Svp: “Mia figlia ha già spiegato le sue ragioni e non è compito mio aggiungere altro. Se non che Bonelli aspira a diventare un piccolo Vannacci“. Il caso della sindaca di Merano, quindi, oltre ad essere mediatico è divenuto anche politico, tanto da convincerla a prendere direttamente le proprie difese.
La prima cittadina ha quindi spiegato che il suo gesto non deve essere interpretato come un segno di disprezzo nei confronti dei simboli della Repubblica, ma deve essere inserito all’interno di un contesto in cui c’è da considerare anche “l’insistenza” di Del Medico, che da lei è stata percepita come “un gesto provocatorio e un chiaro segnale di sgarbo istituzionale“. Insomma, sembrerebbe che lo screzio tra due membri di partiti diversi abbia assunto un carattere ben più complesso, tanto da riportare alla luce una questione che in Italia è ancora troppo spesso ignorata.
Intanto, dopo una polemica che si spegnerà con la stessa velocità con cui è iniziata, risuonano le parole di Katharina Zeller che in campagna elettorale ha dichiarato: “Auspico davvero che la divisione etnica non sia più un tema a Merano“. A non riconoscere il problema, quindi, sono solo coloro che non lo vivono quotidianamente.
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