La protesta di sabato aveva un duplice bersaglio: il centrodestra che in Senato ha bocciato la proposta di regolamento Ue per il riconoscimento dei figli delle coppie gay e la decisione del prefetto di Milano che su indicazione del Viminale ha bloccato il riconoscimento all’anagrafe dei bambini nati all’estero con tecniche di procreazione assistita e registrati come “figli di due persone dello stesso sesso”
Partiamo da un dato di fatto: in Italia la “gestazione per altri”, declinazione edulcorata dell’utero in affitto, è vietata dalla legge 40 del 2004, che punisce con la reclusione da tre mesi a due anni chiunque “realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità”. Un principio confermato due anni fa dalla Corte Costituzionale con motivazioni molto chiare: la necessità di tutelare la dignità della donna e “di evitare i rischi di sfruttamento di chi è vulnerabile perché vive in situazioni disagiate”. La ministra Roccella, ospite di Mezz’ora in più, nonostante le contestazioni ideologiche della conduttrice, ha tenuto il punto fornendo le cifre di questo deprecabile mercato: una maternità surrogata costa circa 100mila euro e alle donne ne arrivano 15-20mila. Ci sono fiere internazionali ad hoc organizzate in diversi Paesi: il sindaco Sala tentò di programmarne una anche a Milano, nel maggio scorso, ma poi fu costretto a rinviarla dopo la protesta delle donne del Pd, che bollarono il Salone della fecondazione assistita “un commercio inammissibile”, perché “non esiste un diritto alla genitorialità”.
La posizione del Partito Democratico
Una posizione ribadita da Silvia Costa, membro della direzione nazionale del partito, dopo la decisione della segretaria Schlein di aderire alla manifestazione arcobaleno di sabato: “Il primo diritto di un bimbo è quello a una madre e un padre, a un’identità biologica e familiare e a poter conoscere le proprie origini, e questo non avviene nella coppia omosessuale che ricorre alla maternità surrogata, in cui un bambino viene programmaticamente privato alla sua nascita della relazione con la madre, in nome di un diritto assoluto di un adulto di avere un figlio attraverso l’affitto o l’uso dell’utero di una donna estranea alla coppia”. E poi: “Dobbiamo impegnarci perché la maternità surrogata resti in Italia una pratica vietata e un reato e perché lo sia anche in ambito europeo e internazionale”. Dentro il Pd esistono dunque due linee opposte su una questione così sensibile: quella della Schlein confligge infatti non solo con l’anima cattolica del partito, ma anche con le femministe radicali, che rifiutano di considerare la maternità surrogata come un atto di libertà o di amore. Non possiamo accettare, solo perché la tecnica lo rende possibile, e in nome di presunti diritti individuali, che le donne tornino a essere oggetti a disposizione: non più del patriarca ma del mercato. Vogliamo che la maternità surrogata sia messa al bando”.
E’ chiaro che la piazza arcobaleno di Milano voleva invece legittimare di fatto nella normativa nazionale, prevedendo un automatismo in termini di adozione per le coppie omosessuali, una pratica vietata in Italia ma ammessa in altri Paesi e a cui molte coppie Lgbt+ fanno ricorso.
Il doppio bersaglio della protesta
La protesta di sabato aveva un duplice bersaglio: il centrodestra che in Senato ha bocciato la proposta di regolamento Ue per il riconoscimento dei figli delle coppie gay e la decisione del prefetto di Milano che su indicazione del Viminale ha bloccato il riconoscimento all’anagrafe dei bambini nati all’estero con tecniche di procreazione assistita e registrati come “figli di due persone dello stesso sesso”. Eppure il ministro dell’Interno si è limitato a far rispettare la sentenza 38162 con cui la Cassazione ha respinto a dicembre la richiesta di trascrizione dell’atto di nascita di un bambino nato da una madre surrogata per iniziativa di due uomini. C’è infine un aspetto particolarmente sgradevole in questa corsa a trasformare ogni desiderio in diritto: fingere che questa battaglia abbia come scopo prioritario la tutela dell’“interesse superiore” delle bambine e dei bambini, che senza registrazione all’anagrafe verrebbero discriminati rispetto agli altri minori. E’ un’argomentazione pretestuosa, smentita dalla realtà: in questa vicenda non c’è alcun figlio di un dio minore, perché tutti i bambini, senza distinzione, hanno comunque gli stessi diritti – dalla scuola all’assistenza pediatrica – come accade già per chi viene registrato come figlio di un solo genitore (il caso più frequente è quello delle madri single). Dunque, sgombrato il campo dalla propaganda Lgbt+, resta il problema della deriva minoritaria su cui è scivolato il Pd di Schlein, che difficilmente potrà restare a lungo senza conseguenze: l’utero in affitto è un’autentica aberrazione, il corpo di nessuna donna può essere ridotto a incubatrice per conto di terzi, e la strada è quella indicata dal centrodestra: la maternità surrogata va perseguita come reato universale.