La geopolitica è lo studio delle azioni politiche basato sull’esame dei fattori geografici e dei suoi corollari come inclinazioni dei popoli e dei territori, sequenza di espansioni, invasioni, aspirazioni. L’abbecedario dell’analisi politica dice di osservare prima il planisfero poi conoscere e decidere. Se così si fosse agito si sarebbe compreso quale fosse il ruolo naturale dell’Europa dopo la fine dell’impero sovietico ma non delle aspirazioni russe e di quelle egemoniche degli U.S.A. L’Europa, quella che va dall’Oceano Atlantico ai confini della Federazione Russa (Russia) è una modesta appendice di un continente immenso (Eurasia) che attrae verso est anche la piccola frazione europea della Russia, lo stato più esteso del pianeta, il quale, grande 5 volte l’Europa sembra divorarla.
Osservare nelle carte questa rabbrividente sproporzione avrebbe dovuto indurre a riflessioni, opzionando la soluzione più saggia fra quelle in campo. Intessere rapporti il più possibile di buon vicinato con il gigante all’uscio di casa e indurre l’alleato oltreatlantico a mediare e rispettare gli spazi. L’aveva capito e realizzato il miglior ministro degli esteri che abbia avuto l’Italia postandreottiana,
Silvio Berlusconi, che nel 2002 a Pratica di Mare, mise insieme i presidenti degli U.S.A. e della Federazione Russa e fece sí che si stringessero la mano dinanzi ai media mondiali e che concludessero accordi, che come si legge “ancora oggi vengono considerati il punto più alto dei rapporti fra la Russia e i paesi occidentali.” Irragionevole sarebbe stato prendere partito, alleandosi con l’amico lontano e fungere da avanguardia sacrificabile nella dialettica con il colosso confinante. Invece questa è stata la scelta. La guerra nella quale l’Europa si è schierata non aveva le stigmate di un conflitto nè generale nè inaspettato.
Più semplicemente si trattava di un segmento recrudescente e proditorio di una guerra regionale in atto da anni, alimentato dalle rivendicazioni russe sui territori ucraini dove i russofoni rappresentano oltre il 75%. Secoli di divisioni e decenni di scontri fra le due etnie conviventi nello stesso territorio sono stati considerati impropriamente un’aggressione della Russia all’Europa ,all’Occidente, il prodromo di una guerra imperialista contro tutto il continente. La postdemocrazia del nostro paese, unanime, schiera ostinatamente partiti, governo, opposizione, media, dalla parte della guerra globale, come hanno deciso le forze che ci governano fuori dal Parlamento ma dentro il potere quello vero, evocando un supposto preordinato attacco all’Occidente tutto, ai diritti, alle libertà. Nell’altro focolaio della terza guerra mondiale, la geopolitica svela un’altra ipocrisia della postdemocrazia ripetuta anche da Meloni & Schlein & c.
Si parla della tesi di facciata dei ‘due popoli/due stati’, dietro la quale si erano nascosti un po’ tutti, meno gli originari belligeranti. Il blitz palestinese ha visto trasformata via via la guerra asimmetrica Hamas / Israele in guerra simmetrica Medio oriente musulmano / Israele. Individuare chi ha deciso di sparigliare e ritagliarsi un ruolo nello scenario mondiale non è difficile. Come non è difficile capire come la postdemocrazia internazionale abbia preso un grande abbaglio illudendosi di poter gestire la furia reattiva di Israele. Come al solito, il planisfero aiuta. Siamo al cospetto di una nazione di 20.000 Kmq ( i 4/5 del Piemonte) abitata da 9 milioni di persone di cui 6.300.000 ebrei (1/10 degli abitanti dell’Italia). Rappresentano la genìa dei superstiti e delle vittime di uno sterminio epocale e sistematico, mai amati neppure da amici, alleati, sodali, vilipesi ovunque, messi al bando per secoli.
Costoro isolati nel mondo sia soggettivamente che oggettivamente, sono disposti a tutto nel profondo per conservare il loro piccolo lembo di Terra Promessa. Oggi, violati i loro confini, l’insicurezza è al diapason, come la consapevolezza di un assedio antropico/territoriale e dell’esaurimento di accreditamenti internazionali
Intorno a loro 7 milioni di kmq (20 volte l’Italia) di territorio ostile, 470 milioni (8 volte gli abitanti dell’Italia) di abitanti loro nemici, eserciti regolari e irregolari armati e addestrati, 2 miliardi di uomini in guerra ideale contro il massimo nemico dell’Islam.
Queste considerazioni avrebbero dovuto indurre Meloni e c. a fare dichiarazioni diverse. Sarebbe stato sufficiente osservare un planisfero e applicare l’abbecedario dell’analisi politica.
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