“Non ci hanno visto arrivare”, della storica di Lisa Levenstein. Meloni e Schlein citano la stessa frase femminista: entrambe simbolo connaturato del femminismo, proprio perché donne pioniere elevate per la prima volta a posizioni vantaggiose di potere
Così diverse. Una bionda, l’altra mora. Una di destra, l’altra di sinistra. Una a capo del consiglio dei ministri, l’altra segretaria al partito di opposizione. Le differenze ci sono tra Giorgia Meloni e Elly Schlein, eccome. Ma una cosa le accomuna, e nemmeno poco. Il fatto di essere donne. E anche femministe.
Non a caso, entrambe hanno citato la stessa frase femminista, che è anche il titolo del libro della storica americana Lisa Levenstein: “They didn’t see us coming – La storia nascosta del femminismo negli anni 90”.
Levenstein è direttrice del programma di studi sulle donne, il genere e la sessualità e professore associato di storia all’UNC Greensboro.
“Ancora una volta non ci hanno visto arrivare”, sono state le prime parole di Elly Schlein, la notte della sua vittoria delle primarie del Pd. “Spesso non ti vedono arrivare”, ha detto oggi la premier Giorgia Meloni intervenendo alla presentazione del nuovo allestimento della Sala delle Donne alla Camera, dove è stata aggiunta la sua foto.
Nel volume, traccia le origini del percorso con cui si sta costruendo una forte coalizione al livello internazionale. Incentrata sulla crescente influenza di donne omosessuali, di colore e attiviste del sud del mondo. Il suo lavoro ha gettato le basi per il forte attivismo femminista visto negli ultimi movimenti, comprese le campagne Women’s March e #MeToo del 2017. “They Didn’t See Us Coming”, il titolo originale del libro, mostra come le donne ai margini della società abbiano costruito un movimento all’alba dell’era digitale.
Tuttavia però, entrambe a prescindere, sono un simbolo connaturato del femminismo, proprio perché donne pioniere elevate per la prima volta a posizioni vantaggiose di potere, vere apripista. Che in fondo stanno scrivendo la storia dell’Italia.
Tra i due poli opposti, ci sono la vita concreta di tutti i giorni, in cui milioni di donne lottano (loro malgrado) per ottenere pari opportunità in tutti i campi lavorativi, sociali e culturali, per guadagnare credibilità e autorevolezza, e per far sentire la propria voce in mezzo al “caos della retorica”.
Che poi la “leadership” non ha connotazione di genere, una donna al potere (che sia politico, finanziario o istituzionale come la neoeletta alla presidenza della Corte di Cassazione), non deve mica dimostrare niente, oltre al fatto che l’Italia è pronta, dopotutto.