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Il Difforme > Editoriali e commenti > Cosa ci dice il voto ai partiti nelle amministrative di domenica
Editoriali e commenti

Cosa ci dice il voto ai partiti nelle amministrative di domenica

Emanuela Felle 16 Maggio 2023 16:22
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6 Min di lettura
il difforme elezioni voto
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Non c’è stato l’effetto Schlein e neppure l’esplosione di Fratelli d’Italia – che paga il prezzo maggiore alle liste civiche. La resilienza della Lega e la scomparsa nei comuni del Movimento 5 Stelle

Il bilancio finale di questa tornata elettorale lo si potrà fare solo fra due settimane, quando le urne ci diranno chi si aggiudicherà i ballottaggi. Dei tredici comuni capoluogo di provincia al voto domenica e lunedì scorso, sette andranno al turno supplementare del 28 e 29 maggio. I sei già aggiudicati sono Brescia e Teramo, che restano al centrosinistra mentre Sondrio, Treviso, Imperia e Latina se li ha aggiudicati il centrodestra. Al ballottaggio Vicenza (dove a sorpresa il candidato del centrosinistra è avanti), Massa (dove se il centrodestra fosse stato unito avrebbe vinto al primo turno), Pisa (dove per pochi voti è mancata la riconferma al primo turno dell’uscente di centrodestra), Siena, Terni, Ancona (dove la sorpresa è lo svantaggio piuttosto netto del centrosinistra che governava il capoluogo di regione) e Brindisi (altro comune governato dal centro-sinistra fino a domenica scorsa dove il centrodestra è in netto vantaggio).

C’è un dato però che si può già vedere oggi nel risultato del primo turno ed è quello relativo ai partiti politici nazionali che (con l’unica eccezione di Imperia per il centrodestra – dove Scajola ha rifiutato i simboli dei partiti – e della presenza a macchia di leopardo delle liste del Movimento 5 Stelle) si sono presentati in tutti i comuni capoluogo e in molti di quelli sopra i 15mila abitanti. Naturalmente si tratta di un dato da prendere con le molle, perché nei comuni la presenza delle liste civiche o del sindaco, condiziona il risultato di lista dei simboli nazionali. E va anche usata una seconda avvertenza: i partiti più grandi sono quelli che pagano maggior dazio alle liste civiche. Tuttavia è un dato importante perché determina poi il numero dei consiglieri eletti.

Ci sono però alcuni elementi che si possono leggere con una certa chiarezza dai dati elaborati dalla Political Data Agency sui comuni capoluogo: il primo e più incontrovertibile è la scomparsa del Movimento 5 Stelle. Si sa che le amministrative sono elezioni particolarmente ostiche per i grillini, tuttavia nel 2018 negli stessi comuni in cui si è presentato stavolta, il movimento aveva ottenuto l’11,1%. Alle politiche del settembre 2022 negli stessi comuni il movimento di Grillo aveva conseguito il 13,54%: all’esito di questa tornata elettorale (la lista era presente in DODICI capoluoghi su tredici) ha ottenuto appena 14.188 voti, pari al 2,9%.

Il secondo dato che si può evidenziare è che non c’è stato nessun effetto Schlein sulle liste del partito democratico. Anche il Pd (essendo uno dei partiti maggiori) paga naturalmente pegno alle liste civiche: tuttavia negli stessi tredici comuni capoluogo aveva ottenuto nel precedente turno amministrativo quasi 100mila voti. Ne porta a casa stavolta poco meno di 85mila, pari al 17,3%, contro il 21,41% ottenuto pochi mesi fa alle politiche.

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Cosa ci dice il voto ai partiti nelle amministrative di domenica 3

Nel centrodestra la Lega si dimostra più resiliente o quanto meno maggiormente impermeabile alle liste civiche: è l’unico fra i partiti nazionali che in alcune realtà consegue più voti assoluti rispetto alle politiche. A Treviso, Massa, Pisa e Latina la Lega infatti fa meglio che alle politiche sia in voti assoluti che in percentuale: nel complesso dei tredici comuni capoluogo ottiene una media del 7,7%, contro l’8,6% delle politiche di settembre scorso (elezioni politiche) e il 16,7% delle precedenti elezioni comunali. Il crollo rispetto alle precedenti comunali era ovviamente atteso, per il travaso di voti che si è già verificato a favore di Fratelli d’Italia.

E veniamo dunque al dato certamente più atteso: e cioè la performance del primo partito italiano. Scontato il boom rispetto al precedente dato delle amministrative (le elezioni precedenti, in gran parte dei casi, si sono tenute nel 2018, prima della crescita esponenziale dei meloniani). Tuttavia si tratta di una crescita meno forte di quanto ci si sarebbe potuti attendere: nei tredici comuni capoluogo Fdi alle politiche aveva una media del 25,9%: porta a casa in queste elezioni poco meno del 16%. Il triplo rispetto alle amministrative di cinque anni fa, ma quasi dieci punti sotto alle politiche. È in larga parte tributo alle liste civiche, ma potrebbe anche indicare una difficoltà sui territori a comporre liste competitive. Fratelli d’Italia è passato infatti molto rapidamente da partito di struttura a partito d’opinione e ciò lo rende più permeabile alle civiche nelle competizioni amministrative. Anche Forza Italia mostra una certa resilienza: nei comuni capoluogo ha conseguito il 5,7% contro il 6,75% delle politiche e il 6,4% delle precedenti comunali.

Per il bilancio finale ora non resta che attendere il ballottaggio, fra quindici giorni.

© Riproduzione riservata

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