Corte di giustizia europea, Consiglio di Stato e Cassazione spingono l’Italia a mettere a gara le concessioni balneari senza più rinvii in attuazione della direttiva Bolkestein. Ma la maggioranza ha appena votato per una nuova proroga al 2025: un bel rompicapo
Corte di giustizia europea, Consiglio di Stato e Cassazione spingono l’Italia a mettere a gara le concessioni balneari senza più rinvii in attuazione della direttiva Bolkestein. Ma la maggioranza ha appena votato per una nuova proroga al 2025. Un bel rompicapo, perché la Commissione europea ha pronto un parere motivato che metterebbe il governo alle strette. Il ministro Ciriani ha assicurato che l’esecutivo sta lavorando per una soluzione che tenga insieme le esigenze delle nostre imprese con le norme comunitarie, ma trovare un compromesso non sarà semplice. Diciamo subito che il dossier spiagge non è incluso nel Pnrr e in caso di inadempienza non metterebbe dunque a rischio i fondi europei. Sullo spinoso tema si fronteggiano da sempre due correnti di pensiero.
Le due posizioni in ballo
La prima, sostenuta dalla sinistra, ritiene che la categoria dei balneari abbia goduto per decenni di privilegi assurdi, pagando una miseria allo Stato e facendo lautissimi guadagni, e quindi per valutare l’impatto della messa a gara delle concessioni non ci si dovrebbe concentrare sui costi sostenuti dagli esercenti o sugli indennizzi, ma sui benefici che ne deriverebbero agli utenti. Ergo: i contrari alla messa a gara difenderebbero la posizione di una minoranza di cittadini, la famigerata “lobby”, a scapito della maggioranza che ne paga il prezzo. Sull’altro fronte, il ragionamento viene ribaltato: la direttiva Bolkestein, che è all’origine di questa lunga battaglia, non andrebbe applicata alle concessioni balneari in quanto si tratta di beni e non di servizi, secondo l’interpretazione autentica data dallo stesso Bolkestein, ex commissario europeo per il Mercato interno. Ma già due anni prima una sentenza della Corte di giustizia Ue aveva considerato contrarie alla direttiva le proroghe automatiche delle concessioni, per cui le gare si dovranno fare, anche se il Parlamento ha previsto, oltre al contestato rinvio, anche indennizzi per chi perderà la concessione. Il governo Draghi, nella legge sulla Concorrenza, aveva previsto un riordino del settore secondo alcuni principi di buonsenso: la necessità di considerare gli investimenti effettuati dagli attuali concessionari, la frammentazione in piccoli lotti, la possibilità di deroga in casi speciali fino a tutto il 2024 e la definizione di un numero massimo di concessioni per ciascun titolare.
La linea del governo e le prospettive
Il centrodestra si è sempre schierato per la tutela delle imprese familiari e perché venga scongiurato l’assalto delle multinazionali alle nostre spiagge: le regole dunque dovranno essere tali da non consentire acquisti in massa di decine di concessioni da parte della speculazione internazionale, o della criminalità organizzata. Per cui il ricorso alle aste a causa dei bassi canoni finirebbe per mischiare le mele con le pere, e in questo caso sarebbe irragionevole tutelare un principio generico di libera concorrenza in conflitto con la difesa del lavoro, dell’occupazione, delle microimprese e danneggerebbe l’interesse nazionale. I quesiti che si pongono sono essenzialmente due: la concorrenza è un valore assoluto o va anche bilanciato con la tutela dell’occupazione, dell’italianità e delle piccole imprese? E potendo ancora contare su un’area sterminata di spiagge libere, un bene che quindi non può essere considerato una “risorsa scarsa”, l’Italia è davvero obbligata ad applicare la Bolkestein?