Ashkelon è una città israeliana al confine con la striscia di Gaza che dall’inizio del conflitto, quel maledetto 7 ottobre, è stata colpita da circa 160 razzi palestinesi. Una città sul mar Mediterraneo, che ospita secondo le rilevazioni ONU del 2016 oltre 130mila abitanti, di cui non se ne conosce ad oggi però il numero esatto a causa della difficoltà di effettuare censimenti sul territorio.
Persone che oggi non hanno scampo e che sono state abbandonate dal loro stesso Stato, che nonostante le continue sollecitazioni non è riuscito a costruire abbastanza bunker per la popolazione. Chi ha potuto ha lasciato la città, per allontanarsi da quel confine che è simbolo di bombardamenti improvvisi, nella maggior parte dei casi non individuati dal sistema satellitare anti-razzo Iron Dome.
“Qui non siamo a Tel Aviv, se suonano le sirene bisogna scappare subito. Dalle sirene ai razzi passano circa 30 secondi”, così spiegano i residenti di Ashkelon che vivono nel costante terrore di una nuova pioggia di razzi, e che non possono fare altro che aspettare inermi il loro destino.
Ogni abitazione è dotata di una stanza in cui le famiglie si rifugiano per scappare dalle bombe; stanze fatte di materassi, dove si aspetta che i razzi finiscano di cadere. Sono camere più nascoste, lontane dalle pareti esterne, dove si spera di poter sopravvivere. Rimedi casalinghi a cui i cittadini hanno dovuto ricorrere a seguito dell’assenteismo di uno Stato che aveva promesso di proteggerli.
Ashkelon, una città dimenticata da Israele
La striscia di Gaza dista meno di 20 chilometri dal centro di Ashkelon, ed è visibile dai piani più alti degli enormi palazzi che si stagliano sulla costa del mar Mediterraneo. Una condanna geografica, che ha lasciato i residenti a un destino crudele.
Dal 7 ottobre, la città sembra essersi svuotata. Chi ha potuto ha lasciato Ashkelon per rifugiarsi in città più sicure, ovvero più lontane dalla striscia. A Tel Aviv c’è più tempo per fuggire dalle bombe, perché i satelliti le individuano velocemente; ma ad Ashkelon non c’è questo lusso: i razzi arrivano subito e le sirene danno il via alla corsa per la vita. Ogni riparo è valido: sottoscala, negozi, le camere apposite dentro ogni casa e per i più fortunati le safe room costruite dalle organizzazioni internazionali, dopo che il governo israeliano non è riuscito a dotare la città di rifugi antimissile.
Un fallimento per Israele, che ha abbandonato una delle sue città, quella che forse necessitava di più sostegno. Ashkelon è la prima città che si incontra dopo essere usciti da Gaza, dopo l’evacuazione di tutti i kibbutz più vicini, e tra i primi ha visto entrare in città i terroristi di Hamas. “Dove sono i nostri politici? Nessuno è venuto a spiegarci il clamoroso fallimento dei servizi segreti a cui dobbiamo il risveglio con i terroristi in camera da letto. Netanyahu dovrebbe dimettersi”, così ha parlato una cittadina di Ashkelon ai microfoni de La Stampa, per manifestare tutto il suo dissenso contro uno Stato che ha fatto solo promesse, ma che non le ha mantenute.
Anche il programma per lo spostamento della popolazione alla fine non è stato attuato e tutti i cittadini di Ashkelon hanno dovuto trovare da soli un posto dove rifugiarsi. I fondi non erano abbastanza e chi ha pagato è stato chi non ha nulla, nemmeno un parente che possa ospitarlo. Questi sono i cittadini che hanno deciso di rimanere nella loro città, in attesa della prossima bomba. Cittadini che vivono gli stessi incubi di quelli di Gaza: la guerra subita che non ti chiede la carta d’identità prima di sparare, dove tutti sono egualmente martiri della follia degli uomini.
Ashkelon, una città in cui è rimasto solo chi non ha niente
Sono rimasti coloro che non hanno altro posto dove andare, quelli che risiedono da anni ad Ashkelon insieme a tutti i famigliari. Una trappola mortale che fa vivere i residenti nella paranoia e nel terrore del prossimo attacco.
Ashkelon è una delle città più povere di Israele, lo si capisce dagli enormi palazzoni a più di 10 piani che la compongono, ed ospita i rifugiati dell’est Europa venuti in cerca di un nuovo inizio. La popolazione è povera e vive alla giornata, soprattutto in questo periodo in cui il domani non è assicurato. Eppure, nessuno ha pensato di doverli assistere, di dover garantire loro la possibilità di lasciare la città e di avere un rifugio sicuro. Sono stati abbandonati e aspettano ora dopo ora di sapere quale sarà la loro fine.
Pochi giorni dopo lo scoppio del conflitto, è stato bombardato anche l’ospedale per bambini di Ashkelon, ma fortunatamente non si sono registrate vittime.
L’ospedale ha continuato a funzionare nonostante i danni gravissimi riportati, anche grazie alla presenza di un settore sotterraneo coperto. Un vero e proprio bunker, uno dei pochi in città, che ha permesso di salvare delle vite.
Una situazione disumana di cui stanno pagando le sofferenze cittadini innocenti che, al contrario dei loro connazionali nelle altre città, sono stati completamente da chi era incaricato di proteggerli. E tra una bomba e l’altra Ashkelon continua a bruciare senza che nessuno muova un dito e con la povertà quale compagna di vita.