Antichi Telai 1894

Alcaraz e Sinner trasformano il tennis in un poema. Ma lo firma solo Carlos: va a lui il Roland Garros

È durata 5 ore e mezzo la battaglia combattuta sul campo Philippe-Chatrier dai due più forti tennisti dell’ultima generazione. Alla fine l’ha spuntata la fantasia e la migliore tenuta atletica di Carlos Alcaraz. La svolta al quarto set quando Sinner, in vantaggio per 4-3 e al servizio, subisce il break e accusa un primo calo fisico. Sul taccuino del cronista esaurito lo spazio per raccontare le gesta epiche, i colpi geniali di Alcaraz, i traccianti geometrici di Sinner, le demi-volée dello spagnolo e i lungo linea in back dell’italiano

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Uno estroverso, l’altro imperscrutabile. Uno si arrabbia, sorride, esulta e si esalta, gonfia i muscoli e chiama gli applausi. L’altro è la maschera di una sfinge. Se disegna una parabola o prende in contropiede il primo, bene che vada chiude il pugno della mano e agita appena l’avambraccio. Alcaraz e Sinner sono esattamente agli antipodi l’uno dell’altro. Tanto diverso è il modo in cui colpiscono, accarezzano, parlano e si confessano con quella pallina gialla che fanno viaggiare a velocità stellare da un capo all’altro di quel rettangolo. Loro lo hanno trasformato in un’arena, come due tori pronti a scornarsi senza risparmiare energie e fantasie di colpi. Alla fine, però, Alcaraz è diventato il matador, e Sinner il toro matado.

L’esito del match si era intravisto al primo gioco del primo set, con Sinner che serviva. Lo ha vinto, ma ci sono voluti 12 minuti e 5 palle break annullate prima che arrivasse quella buona, la sesta. Una partita scoppiettante dall’avvio, con le geometrie di Sinner, i suoi lungolinea chirurgici che poco alla volta imbrigliavano la fantasia del genio spagnolo. La potenza del gladiatore italiano aveva la meglio e chiudeva con un classico 6-4 andando al secondo set subito imbroccato con il ritmo giusto. Fino all’altezza del 10 gioco, quando Sinner subiva il break di Alcaraz e da lì cambiava la piega dell’incontro.

Il ragazzo di Sesto Pusteria cominciava ad accusare la fatica e la mobilità delle gambe ne risentiva costringendolo a pause via via più lunghe. Da quel momento, Alcaraz ha preso coraggio e ha iniziato una risalita dal baratro in cui sembrava destinato. È vero, ha chiuso sotto 6-7 il secondo set, ma la bilancia dei valori era nel frattempo tornata in equilibrio. Perché il terzo set non ha quasi avuto storia. Per essere più esatti, la storia c’è stata ma il suo autore, nel bene e soprattutto nel male è stato Yannick. Il quale apre il set con un break, si porta in vantaggio fino al 4-2.

Poi Alcaraz prende il servizio e con esso prende in mano la partita. È uno spettacolo pirotecnico. Scambi che hanno della magia, con drop-shot e demi-volée che trasformano il match in un numero circense, con “schiaffi” al volo, lungolinea e smorzate. Nell’aria del Philippe-Chatrier si disegnano ricci e volute come neppure la sfrenata fantasia di architetto del Barocco avrebbe saputo disegnare.

Alcaraz chiude 6-4 il terzo e si torna in campo ringalluzzito per affrontare il quarto. Che subito si annuncia come una copia del terzo. Perché Yannick, dopo un lungolinea in back al primo gioco, serve un fantastico drop-shot al 7/mo gioco e barella Alcaraz. Sembra aver ritrovato il dinamismo dei primi due set, ma l’illusione dura poco. Dopo un altro drop-shot stellare al 10 gioco, ecco che Alcaraz disegna uno stop-volley fantastico e risale dal 15-40 alla parità per riagganciare Sinner sul 5-5. Fino a trascinarlo al break, questa volta con esito infausto per Sinner.

Quello che succede nel 5/o set proietta il match in una dimensione diversa dall’incontro sportivo. Le energie scemano, più velocemente in Sinner, e i due gladiatori si affidano alla memoria dei loro colpi, più numerosi per varietà e incisività quelli di Alcaraz; più prevedibili nella loro geometria quelli di Sinner.

Il quale si arrampica fino al 6-5 prima di subire il ritorno di Alcaraz che riequilibra l l’incontro sulla parità e apre le porte dell’inferno, perché un inferno è diventato il super tie-break affrontato da un Sinner senza più ossigeno ma aggrappato, col muto orgoglio che tanto sconcerta, fino all’ultimo secondo di gioco. Ha perso il tie-break. Per conoscere questa sentenza che tanto amaro lascia in Sinner e in noi, suoi tifosi, ha dovuto lottare 5 ore e mezzo.

Ne è valsa la pena, come sempre quando si affronta il cimento a viso aperto e senza risparmio. Grazie Jannik, e grazie se perdi un incontro dopo averne dominati 29 dal settembre scorso. E grazie Carlos per le fantastiche giocate che accendono di entusiasmo anche chi ignora l’esistenza del tennis. Oggi è finita così, ma per i prossimi dieci anni almeno Jannik e Carlos avranno modo di inseguirsi e sfidarsi.

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