L’ennesima morte di una donna per mano di un uomo. Eppure questa volta è stato diverso e lo abbiamo sentito tutti. La Dott.ssa Enrica Salvador, psichiatra presso il CSM di una Asl romana, ci ha parlato di un fattore in particolare che ha reso questo femminicidio differente dagli altri, come se “avesse rotto quello strato invisibile di anaffettività che caratterizza la normalità della nostra società“.
Per poi smuovere un forte “senso di ribellione che ha fatto suonare i telefoni dei Centri Antiviolenza come mai prima e ha fatto scendere in piazza una moltitudine bellissima di uomini e donne che non credono più all’ineluttabilità della violenza omicida“. Mentre l’idea del deterrente – ripetuta continuamente da diversi politici – “non è mai riuscita a fermare la malattia mentale, perché di questo si tratta“.
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Dottoressa perché questo femminicidio è diverso dagli altri?
Potrei dire perché ha colpito una giovanissima ragazza, perché i giorni che hanno preceduto il ritrovamento di Giulia ci hanno tenuto incollati alla tv in attesa di un lieto fine e perché è altrettanto inconcepibile che tutto questo sia stato compiuto da un ragazzo ugualmente giovanissimo. Eppure sin dal primo momento a me è venuto in mente altro. Ho pensato che quello che stava rendendo diverso questo caso dai precedenti erano le parole di Elena, la sorella di Giulia, che sin da subito sono state così chiare, dirette, puntuali, al punto da spiegare in un attimo il motivo di tali efferati delitti.
Dall’inizio di quest’anno sono state 106 le donne uccise, 106 occasioni per riflettere e spiegare le origini di questo cancro della nostra società, ma mi sento di dire che, fino ad ora, nessuno c’è riuscito così bene. Né gli esperti, né tantomeno i politici. Nessuno ha detto cose vere e semplici al tempo stesso, come ha saputo fare questa ragazza, nonostante la ferita mortale che l’ha travolta.
Che cosa intende dire?
Intendo dire che non credo che sia stato l’evento in sé ad essere diverso. Ad agosto scorso ci fu il terribile omicidio di Giulia Tramontano, la donna al settimo mese di gravidanza uccisa dal suo compagno. Un femminicidio agghiacciante, ma che non è riuscito a smuovere le coscienze come ha fatto quest’ultimo.
Evidentemente deve essere stato altro.
Da psichiatra direi che Elena è riuscita a fare quello che ha fatto, non solo perché ha detto cose esatte e profondamente vere, ma perché le ha dette in un certo modo, riuscendo così a rompere quello strato invisibile di anaffettività che caratterizza la normalità della nostra società, direi in particolare quella occidentale, che conosciamo meglio.
Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I mostri non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro… Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché
lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’ amore non è possesso…
Elena Cecchettin
Per mestiere interpreto i sogni, ma anche il movimento latente che c’è in alcuni comportamenti, ed è proprio l’interpretazione delle dimensioni latenti malate, e in quanto tali violente, che diventa frustrazione dell’anaffettività che le sostiene, aprendo la possibilità alla cura della malattia mentale.
Ecco per me lei, senza rendersene conto, ha fatto un’interpretazione collettiva perché si è rivolta a tutta l’umanità, incrinando quell’anaffettività ottusa che ci impedisce di reagire. Direi che non poteva farlo meglio. Questo dunque ha permesso alle persone “addormentate” nella quotidiana normalità di recepire il senso profondo di questo dramma, smuovendo un senso di ribellione che, come si è letto, ha fatto suonare i telefoni dei Centri Antiviolenza come mai prima e ha fatto scendere in piazza una moltitudine bellissima di uomini e donne che non credono più all’ineluttabilità della violenza omicida.
Ci sarebbe da indignarsi e da chiedersi, perché chi ci governa, tanto da sinistra quanto da destra, non si avvicini neanche lontanamente a tali capacità? In questi giorni il ministro Salvini ha ripetuto il suo solito mantra “castrazione chimica” e “carcere a vita“, ma nemmeno si rende conto che la sua ricetta al massimo promette di vendicare le donne. Nessuna lettura dell’epifenomeno, nessuna proposta di prevenzione, se non la solita inutile idea del deterrente, che nella storia dell’uomo non è mai riuscita a fermare la malattia mentale, perché di questo si tratta.
Dottoressa che cosa si può fare?
Occorre recepire una rivoluzione di pensiero, che in Italia esiste da almeno 52 anni, mi riferisco alla pubblicazione di Istinto di morte e conoscenza di Massimo Fagioli che contiene una scoperta scientifica importantissima: la teoria di una nascita sana senza peccato originale e senza animalità bestiale potenzialmente omicida.
Occorre recepire che assassini non si nasce, ma lo si può diventare. Questo è il motivo per cui le ricette del deterrente e della pena certa non funzionano. Occorre la ricerca e la cura della malattia mentale. Ritorno quindi ad Elena, che dopo aver fatto meglio di altri la “diagnosi” del problema, ha suggerito anche la cura, dicendo che, se Filippo avesse chiesto aiuto e fosse andato da uno psicoterapeuta, forse avremmo avuto un epilogo diverso.
Spero che il regalo di Elena rivolto a tutti venga accolto e non annullato come tanti probabilmente tenteranno di fare.
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