Donald Trump ha smentito le indiscrezioni del Wall Street Journal secondo cui gli Stati Uniti starebbero preparando un attacco imminente nei confronti del Venezuela di Nicolas Maduro. Il presidente Usa è stato incalzato da alcuni cronisti sulle sue intenzioni in riferimento al Paese sudamericano ed ha negato con certezza un’azione simile.
Le sue parole giungono a seguito di un articolo piuttosto preoccupante, secondo cui l’esercito americano sarebbe pronto a colpire nell’immediato alcuni siti del Paese, ritenuti centri di produzione ed esportazione di sostanze stupefacenti. Le tensioni tra le due Nazioni sono scoppiate a seguito delle accuse lanciate dall’amministrazione americana, convinta che il governo di Maduro sia a capo di un cartello di spaccio internazionale.
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Critiche che sono state immediatamente respinte dai diretti interessati, i quali hanno specificato che tali insinuazioni hanno il semplice obiettivo di rovesciare l’attuale governo venezuelano. Il Wall Street Journal ha quindi annunciato che alcune fonti informate sulla situazione hanno sostenuto che gli Stati Uniti vorrebbero attaccare il Paese tra circa due settimane, ovvero a seguito della stagione degli uragani.
Inoltre, a preoccupare, c’è la notizia secondo cui l’agenzia americana dell’aviazione, su ordine del Pentagono, avrebbe deciso “restrizioni di volo per motivi di sicurezza“ nella zona al largo della costa sudorientale di Ceiba, in Porto Rico. Il divieto di volo sarà in vigore da domani, 1 novembre, fino al 31 marzo 2026 e interesserà l’area in cui si stanno maggiormente concentrando le forze militari e dove è diretta la portaerei Gerald Ford, la piu’ grande della Marina Usa.
Venezuela, Maduro corre ai ripari e chiede aiuto a Cina, Iran e Russia
Intanto, a fronte di questi pericoli, il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha chiesto aiuto a Mosca, Cina e Iran. A riportarlo è il Washington Post, secondo cui il capo di Stato avrebbe scritto una lettera al presidente russo, Vladimir Putin, con alcune richieste, tra cui un aggiornamento dei radar difensivi, la riparazione di aerei militari e, potenzialmente, anche i missili.
Allo stesso modo, poi, si sarebbe rivolto a Teheran e Pechino per avere aiuti militari necessari a “contrastare l’escalation tra gli Usa e il Venezuela“. Nello specifico, il Venezuela avrebbe chiesto all’Iran “apparecchiature di rilevamento passivo” e “disturbatori di Gps“, così come droni con un raggio di azione fino a 1000 chilometri. Al momento, non vi sono certezze sulla risposta ottenuta dall’Iran.
In ogni caso, il governo venezuelano ha voluto ricordare che un attacco americano avrebbe conseguenze catastrofiche sulla regione. “Non sarebbe il Venezuela a pagare le conseguenze più pesanti di un intervento di questo tipo, ma i paesi vicini: Colombia, Caraibi, Brasile, Guyana, Trinidad e Tobago“, ha spiegato il ministro degli Esteri venezuelano, Yvan Gil, all’apertura della ‘Riunione parlamentare dei Grandi Caraibi a Caracas, mettendo in guardia la Casa Bianca sulle sue prossime mosse. Inoltre, il governo venezuelano ha parlato di una azione “irresponsabile” che non farebbe altro che mettere a repentaglio la tranquillità e l’armonia finora raggiunte nel Sud America.
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