Emmanuel Macron e Donald Trump si sono incontrati nello Studio Ovale della Casa Bianca con l’obiettivo di trattare sul conflitto tra Russia e Ucraina e soprattutto per chiarire quale sia il ruolo dell’Unione europea in una eventuale pacificazione del territorio di Kiev. Il presidente francese è volato negli Usa per ricordare l’importanza che Bruxelles ha rivestito nei tre anni di guerra e per confermare la sua centralità nei prossimi negoziati per il cessate il fuoco.
Ormai da settimane, l’Ue cerca di riconquistare un ruolo prioritario, arginando gli attacchi che provengono dagli Usa e dalla Russia. I due Paesi sembrano intenzionati a procedere nella prima parte delle trattative in solitaria, quindi senza alcun team di negoziatori ucraini o europei. Una scelta che ha intimorito la comunità europea, trovatasi ai margini di una decisione che potrebbe rivelarsi fondamentale per la sua tenuta. La presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, ha più volte ricordato come l’esito della guerra in Ucraina non sia importante solamente per il futuro di Kiev ma anche per quello di ogni Stato membro dell’Ue.
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Un pensiero che lo stesso Macron ha ribadito a Trump che, comunque, nel corso della conferenza stampa ha tentato di sminuire il ruolo ricoperto dall’Ue nel sostegno a Kiev. Il presidente Usa ha infatti rivendicato che gli Usa abbiano donato all’Ucraina ben 300 miliardi di euro, mentre l’Ue avrebbe “prestato” solamente 100miliardi, con l’obiettivo poi di riaverli.
Un concetto già espresso in passato e ribadito alla presenza di Macron, che ha voluto però mettere in atto un’operazione di fact checking: “A dire il vero abbiamo pagato il 60% dello sforzo totale. Come per gli Stati Uniti. Abbiamo 230 miliardi di dollari di asset congelati in Europa, asset russi. Ma questa non è la garanzia di un prestito perché non sono nostri“.
Truppe europee a Kiev: l’Ue si spacca
La questione centrale dell’incontro, però, ha riguardato il possibile invio di truppe Ue in territorio ucraino. Si tratterebbe di un’operazione di peacekeeping, necessaria a garantire che l’accordo di pace sia rispettato in seguito al cessate il fuoco. Un argomento che, lo scorso 17 febbraio, aveva creato una spaccatura all’interno del tavolo informale indetto dallo stesso Macron all’Eliseo. Numerosi leader europei, compreso il premier Meloni, hanno infatti dichiarato la loro contrarietà all’invio di truppe europee a Kiev.
Secondo il Presidente del Consiglio, l’invio di truppe europee non sarebbe la via giusta da seguire, perché non sarebbe una soluzione affatto efficace. Meloni ha invece sottolineato l’importanza di mantenere un rapporto aperto con Donald Trump, in quanto il suo sostegno sarebbe fondamentale. Lo stesso Trump ha poi ribadito che dal suo punto di vista la fine del conflitto in Ucraina è ormai prossimo. “La guerra potrebbe finire presto, penso che potremmo finirla in poche settimane se fossi intelligenti“, ha dichiarato il Tycoon, sottolineando che la Francia potrebbe rivelarsi un grande alleato per gli Usa.
Sulle truppe Ue, sembrerebbe esserci il voto favorevole di Francia e Inghilterra, i cui leader in questa settimana avranno un colloquio con Trump. Secondo prime indiscrezioni, il piano prevedrebbe l’invio di 30mila uomini col compito di mantenere in vita l’accordo di pace. Trump ha sostenuto che Putin potrebbe accettarle, anche se il titolare del Cremlino, ha da sempre negato la possibilità. Secondo il presidente Usa, infatti, queste truppe sarebbero principalmente dell’aviazione e della flotta, per cui non vi sarebbero uomini al confine con la Russia.
L’ipotesi non ha però convinto la politica italiana. “Pensare, come vorrebbe Macron, a un invio di truppe straniere al fronte, incluse quelle italiane, avrebbe l’effetto di inasprire il conflitto“, ha sostenuto il responsabile Esteri della Lega, Paolo Formentini, ribadendo il “no” convinto della Lega all’invio delle truppe. Anche in Spagna, la situazione non sembra delle migliori. Il primo ministro, Pedro Sanchez, ha sostenuto che prima di riflettere sull’invio di uomini è necessario arrivare all’apertura dei negoziati di pace.
Il silenzio di Meloni e l’asse con Merz
Nel frattempo, il premier Meloni prosegue nel suo silenzio sulla questione russo ucraina. A differenza degli scorsi anni, il capo di governo italiano ha evitato di commentare l’anniversario dell’inizio del conflitto. Sembrerebbe, comunque, che il Presidente del Consiglio abbia affrontato la questione nel corso del bilaterale con il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed, e nella videoconferenza con gli altri leader del G7.
Secondo quanto emerso, l’obiettivo di Roma sarebbe quello di raggiungere una pace duratura e soprattutto giusta, ovvero con garanzie efficaci che in futuro non avvengano nuove invasioni. Meloni sembra maggiormente concentrata sull’ambito interno e sulle possibili collaborazioni con il governo tedesco. Ieri pomeriggio si è svolta la prima telefonata tra il premier e Friedrich Merz, leader della Cdu, in cui sono state discusse le possibili nuove collaborazioni tra i due Paesi.
Al centro, la possibilità di lavorare per rafforzare la sicurezza e rilanciare la competitività dell’Europa e affrontare le sfide comuni. Un accoro stigmatizzato dalla Lega, che continua a ribadire la necessità di mandare al governo Usa l’Afd di Alice Weidel, secondo partito per consensi in Germania. “Sarebbe un errore per la Cdu, che ha ottenuto una grande vittoria, non scegliere un governo di centrodestra e non istituzionalizzare AfD“, ha spiegato Edmondo Cirielli.
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