L’ultimo ostacolo prima dell’età dell’oro degli Stati Uniti è stato superato. La legge di bilancio firmata Donald Trump ha superato l’esame della Camera e ora è finita sulla scrivania del presidente che è intenzionato a firmarla proprio il 4 luglio, giorno dell’Indipendenza americana.
“Il big, beautiful bill del presidente Trump realizza il programma di buon senso per cui quasi 80 milioni di americani lo hanno votato“, ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, sostenendo che grazie al provvedimento avverrà il “più grande taglio delle tasse per la classe media, la sicurezza delle frontiere, ingenti finanziamenti militari e il ripristino della sanità fiscale“.
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Un successo per il leader repubblicano, che è riuscito a ricompattare un partito che sembrava piuttosto scettico sul testo della legge. Il timore, infatti, è il debito pubblico che con gli anni sarà genero dai tagli degli introiti. Trump non ha commentato a caldo la notizia, decidendo di dedicare il suo intervento in Iowa, atteso nella notte italiana, per trattare l’argomento.
Il voto della legge di Bilancio di Trump alla Camera
La Camera ha approvato la legge con 218 voti a favore e 214 contrari. Questa volta solo due repubblicani si sono schierati assieme ai democratici – Thomas Massie del Kentucky e Brian Fitzpatrick della Pennsylvania -, mentre durante il precedente voto al Senato erano stati in tre: Rand Paul, Thom Hillis e Susan Collins. La Casa Bianca ha annunciato che grazie che grazie a questa approvazione, gli Stati Uniti potranno finalmente dare inizio alla rinascita dell’economia, garantendo a tutti i cittadini i guadagni che meritano.
Al centro del provvedimento, infatti, c’è l’estensione Tax Cuts and Jobs Act del 2017, la cui scadenza è prevista per la fine dell’anno. In questo modo, tali norme saranno rese permanenti, insieme alle nuove spese per la difesa e il controllo dei confini.
I tagli saranno invece effettuati sulla sanità: il MedicAid, il servizio sanitario per i cittadini Usa, sarà ridotto e in alcuni casi addirittura eliminato. Stesso discorso per i sussidi alimentari. “Il presidente non vede l’ora di firmare la legge per inaugurare ufficialmente l’età dell’oro dell’America“, ha spiegato Karoline Leavitt, preannunciando la soddisfazione del presidente per l’approvazione della legge.
Il fronte duro delle opposizioni: Jeffries tiene banco per 8 ore e 45 minuti
Il voto alla Camera non ha regalato particolari sorprese sul fronte dei repubblicani. I democratici, invece, si sono trovati ad assistere all’ascesa di un possibile nuovo leader. Si tratta di Hakeem Jeffries che ha tenuto impegnata l’Aula per ben 8 ore e 45 minuti. Il democratico ha infatti sfruttato il cosiddetto “minuto magico“, ovvero una tradizione che consente ai leader della Camera di parlare per tutto il tempo che desiderano durante un dibattito in aula. L’obiettivo? Ritardare e ostacolare il più possibile il voto.
Il record finora era detenuto da Kevin Mccarthy, che nel 2021 parò 8 ore e 32 minuti per protestare contro la legge di politica interna di Joe Biden, che alla fine fu approvata quando lui cedette la parola. Ciò che ha colpito di Jeffries è stata la sua retorica, che sembrava incredibilmente simile se non migliore di quella di Barack Obama. In uno dei momenti più concitati del suo intervento ha dichiarato: “Non lavoriamo per Donald Trump. Lavoriamo per il popolo americano“.
Verso la fine dell’intervento, poi, ha citato un passo del Vangelo secondo Matteo, rifacendosi alla tradizione della chiesa afroamericana che unisce politica e spiritualità. Il passo è stato infatti modificato per criticare i tagli operati da Trump al sistema sanitario del Paese: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare. Avevo sete e mi avete dato da bere. Ero malato e forse avevo bisogno di Medicare, o di Medicaid, o dell’Affordable Care Act, o del Children’s Health Insurance Program, o di Planned Parenthood. Ero malato e vi siete presi cura di me“.
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