Il primo Consiglio dei ministri della nuova amministrazione Usa è servito a Donald Trump per mandare messaggi chiari e non fraintendibili alle diverse Nazioni con cui, in poco più di un mese di mandato, ha già intavolato dialoghi in materia di economia e accordi. Così, se per l’Ucraina è stato il momento in cui il Tycoon ha confermato la volontà di procedere con l’intesa sulle terre rare, per l’Unione europea si è trasformato nella conferma di un’ipotesi che ormai da mesi era sempre più temuta.
“Abbiamo deciso, i dazi contro la Ue saranno al 25% e riguarderanno le auto e le altre cose“, ha sostenuto il Tycoon in diretta internazionale, a pochi passi di distanza dal suo braccio destro, Elon Musk. Al momento non è ancora stato chiarito cosa siano le “altre cose“, ma sembrerebbe che l’aumento dei dazi riguardi indiscriminatamente tutte le merci che dall’Unione europea vengono importate negli Usa. Nel corso del Consiglio, poi, il presidente Usa avrebbe tentato anche di dare una spiegazione sul perché della sua decisione, riuscendo ad infuriare ancora di più i vertici del Vecchio Continente.
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“L’Europa è stata creata per fregare gli Usa“, ha tuonato il miliardario, sottolineando che gli Stati Uniti avrebbero con essa un deficit di ben 300 miliardi di dollari. In realtà, le perdite si aggirerebbe intorno ai 157 miliardi di dollari, come stimato nel 2023, a cui però andrebbero sottratti più di 100 miliardi, in quanto nel settore dei servizi sono proprio gli Usa a beneficiare di guadagni maggiori, con un surplus di 107 miliardi. Le parole di Trump hanno quindi spinto un portavoce dell’Ue a chiarire che il mercato Ue è estremamente redditizio per gli Stati Uniti e che il Vecchio Continente dovrebbe quindi essere considerato una “manna dal cielo“.
Trump: “Se Ue reagisce, andremo a vendere da un’altra parte”
Donald Trump, dopo aver manipolato i dati sulle esportazioni e importazioni Usa, ha tentato anche di avvertire l’Ue sul suo possibile futuro. “Gli europei potrebbero anche adottare delle misure di rappresaglia, ma gli effetti non sarebbero gli stessi“, ha spiegato seraficamente il Tycoon, per poi aggiungere convinto: “Perché noi andremo a vendere da un’altra parte“.
Secondo il miliardario, gli Usa non dovrebbero incontrare alcun tipo di problema, visto che tutto il mondo vorrebbe le sue merci. L’Unione europea ha ovviamente confermato che continuerà a proteggere i suoi interessi e quelli della sue aziende, dei suoi lavoratori e dei suoi consumatori. Resta il dubbio sull’entrata in vigore dei dazi. Si ipotizza che possano essere attivati dal prossimo 2 aprile, ovvero la data già scelta per i dazi del 20% su Messico e Canada.
Nonostante le parole convinte di Trump, a Washington iniziano a circolare già le prime preoccupazioni. Innanzitutto, si riflette sul fatto che l’importo dei dazi dovrebbe ricadere proprio sulle aziende acquirenti Usa, che devono trasferirlo ai consumatori, aumentando i prezzi e quindi l’inflazione. Poi, si temono le conseguenze di una guerra commerciale con i quattro principali esportatori negli Usa. Ue, Canada, Messico e Cina potrebbero trasformarsi in una trappola morta per gli Stati Uniti, soprattutto se affrontati contemporaneamente.
In questo quadro, quindi, sembrerebbe rientrare la volontà di Trump di firmare al più presto l’intesa sulle terre rare in Ucraina. Queste si rivelerebbero un asset fondamentale per gli Usa, che dalla loro monetizzazione potrebbero ricavare i fondi necessari a sopravvivere a questo complesso periodo.
In Ue si ragione su transizione verde e investimenti
Nel mezzo di questo terremoto economico e politico, nell’Ue si riflette sulla possibilità di risollevare la competitività e l’industrializzazione del Paese. Già ieri, l’esecutivo ha presentato due pacchetti Omnibus che prevedono la riduzione dei vincoli ambientali e degli oneri di rendicontazione ambientale, al fine di risparmiare in totale 6,3 miliardi di euro.
Inoltre, si continua a lavorare al “Clean Industrial Deal“, ovvero il superamento del precedente Green Deal, che lascia margini di respiro alle aziende senza però modificare i target del taglio delle emissioni al 55% nel 2030 e dello zero netto al 2050. Nei documenti presentati, poi, mancherebbe il taglio delle emissioni di CO2 al 90% nel 2040. Un’assenza che il commissario all’Economia e alla Semplificazione, Valdis Dombrovskis, ha spiegato chiarendo che l’Ue non può continuare “a competere con successo con una mano legata dietro la schiena“.
In ultimo, la Commissione ha confermato il taglio della Carbon Tax, ovvero la tassa a carico dei grandi importatori di produzioni inquinanti fuori dall’Ue. Questo dazio, originariamente previsto per il 2026, slitta di un anno e riguarderà solamente le importazioni sopra le 50 tonnellate cumulative. In questo modo il 90% della platea sarà esente dalla tassa, ma comunque coprirà il 99% delle emissioni di Co2. Le proposte dell’Ue, però, dovranno essere approvate dagli Stati membri al Consiglio e all’Europarlamento, dove la discussione potrebbe rivelarsi piuttosto concitata.
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