Da quel 2 aprile, passato alla storia come “Liberation Day“, sono passati ormai tre mesi. Un trimestre percepito come fosse trent’anni, quando ha avuto inizio la difficile e imprevedibile trattativa con Donald Trump sui dazi, indicando tariffe reciproche imposte a tappeto a tutti i Paesi. Dopo aver imposto dazi al 20% contro l’Unione europea, il presidente a stelle e strisce ha concesso una pausa di 90 giorni, fino al 9 luglio prossimo, con traiffe al 10% per cercare di raggiungere un accordo. A metà strada però, dalla scadenza, il tycoon ha deciso di sbaragliare le carte in tavola evocando dazi al 50% per l’Ue, equivalente a più del doppio rispetto a quelle annunciate il “giorno della liberazione“.
Ma, solo ieri, un nuovo giro di vite di Trump ha piegato la speranza degli ultimi giorni su un possibile accordo tra Bruxelles e Washington, con la comunicazione della Casa Bianca che ha annunciato l’intenzione di colpire il settore agricolo europeo con dazi al 17%. Un numero ben diverso da quel 10% su cui sembrava le due parti avessero raggiunto un accordo e che ora minaccia nuovamente il comparto produttivo europeo.
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Poi, dai sedili dell’Air Force One, il presidente degli Stati Uniti ha rivelato di aver firmato una serie di lettere che delineano i livelli tariffari dei dazi proposti sulle esportazioni di 12 paesi, il cui invio è previsto per il prossimo 7 luglio. Le offerte, come spiegato dal tycoon, non saranno negoziabili. Si tratterebbe infatti di una proposta “prendere o lasciare” rivolta ai partner commerciali statunitensi.
“E’ più facile inviare una lettera dicendo: ‘Guardate, sappiamo di avere un certo deficit, o in alcuni casi un surplus, ma non molto. E questo è quanto dovete pagare per fare affari negli Stati Uniti’“. Per Trump, infatti, questa sarebbe la strategia più rapida e indolore, almeno per lui, ricordando come con il Regno Unito la mossa abbia avuto riscontri positivi per entrambe le parti. Stessa strategia applicata anche nei confronti della Cina.
Secondo Trump, i dazi doganali potrebbero variare da Paese a Paese, dalla Cina all’Unione Europea, da un intervallo compreso tra il 10% e il 20% a un intervallo molto più elevato che potrebbe raggiungere anche il 60% e il 70%. I condizionali, come al solito, continuano a costellare le iniziative del tycoon che ha specificato come i Paesi in questione dovrebbero iniziare a pagare dal 1 agosto.
Insomma, le lettere sono scritte, pronte per partire con tanto di francobollo internazionale. E Ben presto ogni Paese sarà informato della percentuale di dazi che dovrà pagare, se vorrà continuare ad avere accesso al mercato degli Stati Uniti. Siccome, però, il mondo è ormai divenuto esperto, o almeno ci prova, nel decifrare le mosse del tycoon dettate dalla sua psicosi, potrebbe anche trattarsi dell’ennesima tattica negoziale. Solita prassi, quindi, minacciare il peggio, per spronare gli interlocutori a cedere.
Passa la Big Beautiful Bill, il più grande successo legislativo di Trump
Di certo, però, il messaggio generale è che i tempi dei commerci liberi stanno passando. Almeno fin quando alla Casa Bianca l’inquilino sarà Donald Trump, che tra le altre cose punta tutto sugli introiti dei dazi per coprire in parte i tagli applicati alle tasse. Un importo che segna 4.500 miliardi di dollari varati lo scorso 3 luglio con l’approvazione del “Big Beautiful Bill”.
Il passaggio della legge finanziaria passata nel Giorno dell’Indipendenza, probabilmente definibile come la seconda “liberazione”. Con una cerimonia alla Casa Bianca, alla presenza della first lady Melania, Trump ha preso in mano il suo grosso pennarello nero e ha firmato la sua discussa legge fiscale e di spesa pubblica. Si tratta di una legge che estende i tagli fiscali multimiliardari del tycoon del 2017 e riducerebbe Medicaid e i buoni pasto di 1,2 trilioni di dollari. Sullo sfondo, un massiccio rafforzamento dei controlli sull’immigrazione.
Secondo il comitato apartitico del Congresso, si prevede che il pacchetto aggiungerà 3,3 trilioni di dollari al deficit nel decennio e che quasi 12 milioni di persone in più perderanno l’assicurazione sanitaria a causa di questa legge, che è stata approvata dalla Camera lo scorso 3 luglio con un voto a maggioranza. Una legge che equivalerebbe a ripudiare i programmi dei due presidenti democratici passati, Barack Obama e Joe Biden.
Una legge di bilancio, che per il presidente a stelle e strisce è invece la “più grande di questo tipo nella storia“, “non abbiamo mai avuto niente come questa prima“, “siamo nell’età d’oro dell’America, buon 4 luglio a tutti“. “L’America sta vincendo, vincendo, vincendo come mai prima d’ora“. Per Trump, questo, è solo l’inizio.
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