Il parlamento iraniano ha dichiarato di essere favorevole alla chiusura dello stretto di Hormuz, scatenando la rabbia degli Stati Uniti. Ma cosa significano queste minacce all’interno della più grande questione mediorientale e perché gli Usa vogliono ad ogni costo fermare Teheran dall’attuare questa decisione? La questione si gioca tutta sul prezzo del petrolio, che potrebbe aumentare drasticamente nel momento in cui n cui il traffico nello Stretto venisse interrotto.
Nel momento in cui il prezzo dei carburanti aumenta, a crescere è anche il caro vita, così come l’inflazione. Una serie di eventi catastrofici che ovviamente non gioverebbero affatto ad uno Stato come gli Usa che, sotto la guida di Donald Trump, stanno cercando di ricostruire la propria età dell’oro economica.
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Dove si trova lo Stretto di Hormuz
Lo Stretto di Hormuz è una striscia di Mare Arabico, che divide la costa dell’Oman con quella più meridionale dell’Iran. Si tratta di una zona strategica, che si estende per 560 chilometri e arriva ad una larghezza massima di 320 chilometri. Un pezzo di mare non troppo esteso, che ha più o meno la grandezza del mare Adriatico.
Come è possibile che in questo piccolo pezzo di mondo possano giocarsi gli equilibri commerciali dei prossimi decenni? Nonostante le misure non eccessivamente grandi, questo Stretto risulta fondamentale per il passaggio del petrolio e del Gnl. Si tratta, infatti, del punto chiave della regione, perché tramite esso si passa dal Golfo di Oman al Golfo Persico, su cui si affacciano vari Stati, in primis l’Iran, che ne costituisce l’intera costa settentrionale, passando per l’Iraq, il Kuwait, l’Arabia Saudita, il Bahrein, il Qatar e infine l’Oman.
Lo Stretto di Hormuz: uno dei principali snodi per il commercio di idrocarburi
Arrivando quindi all’importanza strategica di questo particolare Stretto, bisogna tenere in considerazione che il Golfo Persico è una tra le più grandi riserve di petrolio e gas nel mondo. Proprio per questo, quindi, Hormuz diventa uno dei principali punto di passaggio per il commercio globale degli idrocarburi. Si stima che quotidianamente permetta il passaggio di 20 milioni di barili di carburante vario.
Un numero impressionante, che spiegherebbe quindi l’importanza del passaggio. Nel momento in cui questo tratto di mare venisse chiuso, i barili non avrebbero più la possibilità di passare e l’Europa, così come il Medio Oriente e la Cina non avrebbero più carburanti con cui rifornirsi. Proprio attraverso lo Stretto, infatti, passano anche i cargo carichi di Gnl che dal Qatar, che sono fondamentali per il rifornimento di queste zone.
Senza questo passaggio, l’economia mondiale potrebbe subire danni irreparabile. Allo scoppio del conflitto tra Iran e Israele, si era verificato un aumento vertiginoso del prezzo del greggio, a causa del Brent che era tornato sopra i 74 dollari al barile. Una misura preventiva, vista l’incertezza generata dalla guerra. Gli analisti, però, mettono in guardia sui rialzi futuri. Nel caso in cui lo Stretto venisse chiuso è possibile che i prezzi arrivino anche a 120 dollari al barile.
Al momento non è però necessario lasciarsi prendere dal panico, né correre a fare scorte di carburante prima del dovuto. In molti hanno infatti ricordato che nella storia recente lo Stretto non è mai stato effettivamente chiuso, nonostante le numerose minacce che si sono susseguite negli anni. Non resta quindi che attendere e capire in che direzione si svilupperà questo conflitto e quali saranno le conseguenze che porterà con sé.
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