Vigilia ad alta tensione a Budapest, dove oggi sono stati organizzati i festeggiamenti del Pride nonostante il divieto imposto dal premier ungherese, Viktor Orban. Oltre alla diatriba con i cittadini ungheresi, il primo ministro è protagonista di un caso diplomatico con i vertici dell’Unione europea.
La voce che ha sollevato la questione è di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, che ha chiesto che Budapest consenta il Pride, perché il “divieto è contro i valori dell’Unione“, dicendosi “sempre alleata” della comunità Lgbtq+.
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La replica del premier è dura ed immediata e reputa che la commissaria stia trattando l’Ungheria come una colonia, proprio come faceva l’Unione sovietica: “Vogliono dire all’Ungheria cosa è permesso e cosa non lo è“. Il premier ungherese ha quindi parlato del vertice dei leader europei, accusando Bruxelles di comportarsi “sempre più come Mosca“. La capitale russa, era “un centro di potere da cui venivano inviate istruzioni a Budapest“, ha detto, affondando su von der Leyen che starebbe mostrando “segni di breznevizzazione” e che le istruzioni di Bruxelles vengono attuate attraverso i due principali partiti di opposizione, Tisza e la Coalizione Democratica.
Ad unirsi al “boicottaggio” anche il sindaco della città ungherese, Gergely Karacsony, che orchestra i vari spostamenti e con gli organizzatori svelerà il punto di ritrovo da cui partirà il corteo, ancora segreto per evitare l’intervento delle forze dell’ordine. La comunicazione avverrà un’ora prima tramite chat e social. Per il primo cittadino, si tratta di un evento che non richiederebbe un’autorizzazione ufficiale. Ma Orban, come si suol dire, “da un orecchio gli entra e dall’altro gli esce”, perché ha respinto l’argomentazione come se nulla fosse mai stato pronunciato.
Il premier è magnanimo e avvisa come si svolgeranno i controlli necessari, “esistono leggi chiare, chiunque non rispetti le regole partecipa a un evento proibito dalla legge. Consiglio a tutti di rispettare le leggi“, per chi non le rispetta “ci saranno conseguenze legali, ma non dovrebbero raggiungere il livello di violenza fisica“. Il primo ministro assicura e chiarisce che le direttive date alle forze dell’ordine non riguardano l’uso di violenza fisica, ma far sì che le persone rispettino la legge. Infatti, il fine è limitare il rischio di sanzioni e prevenire possibili violenze da parte dei gruppi dell’estrema destra ungherese.
La stretta introdotta dal premier riguarda multe fino a 500 euro contro chiunque violi la normativa del 2021, secondo cui “non è possibile promuovere l’omosessualità e il cambio di sesso” per i minori. In sostanza, questa legge vieta ogni forma di corteo a difesa dei diritti Lgbtq+.
Se dall’Ue si espone von der Leyen, dall’Italia arriva l’intervento del Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che cita Voltaire e sostiene come “la manifestazione delle proprie idee è il sale della democrazia”. Lo squadrone italiano di sostegno al Pride racchiude tutte le frange del “campo largo”, con circa 30 tra deputati e senatori. Dalla segretaria del Pd, Elly Schlein alle delegazioni di M5S, Avs e Italia Viva, oltre al leader di Azione, Carlo Calenda e i volti di +Europa. Al loro fianco, il responsabile dei Diritti del Pd, Alessandro Zan e la Cigl che ritiene la partecipazione al Pride d Budapest, “una scelta necessaria e convinta di fronte al grave attacco del governo ungherese, reazionario e di estrema destra“.
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