Alla vigilia del 30esimo anniversario del Pride ungherese, il premier ungherese Viktor Orban aveva promesso “conseguenze legali” per chi avesse partecipato al corteo di Budapest. Le “minacce” del primo ministro non hanno scoraggiato i manifestanti, ma hanno prodotto l’effetto opposto: gli organizzatori dell’evento hanno comunicato la presenza fanno di 200mila partecipanti, un’affluenza senza precedenti per la marcia del Pride ungherese.
Il duro attacco di Orban all’Europa
Orban ha definito “ripugnanti e vergognosi” gli “spettacoli di drag queen sul palco al Pride, gli uomini con i tacchi alti e le brochure sulla terapia ormonale“, accusando l’Unione europea di aver incaricato i politici dell’opposizione di organizzare l’evento, che si è trasformato in una protesta antigovernativa. Il capo del governo è durissimo contro le istituzioni europee quando fa riferimento all’ordine emesso dai “politici fantoccio di Bruxelles“, contro il parere dell’Ungheria, affinché il Pride si tenesse a Budapest. Ma, stando alle parole del presidente ungherese, la giornata è stata istruttiva: “siamo ancora più convinti che queste persone non debbano essere lasciate avvicinare al timone del governo“.
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A sostegno del premier si è espresso il suo direttore politico, Balazs Orban. Anche lui si scaglia contro l’Ue, i media occidentale e le Ong: non importa quanto aggressivamente promuovano la “propaganda di genere” perché i numeri parlano di una maggioranza di cittadini ungheresi, sia pro Orban che indipendenti, concordi con la posizione del governo sulla parata del Pride. Un attacco, dunque, diretto all’Europa da un suo paese membro sempre più lontano dai valori comunitari.
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