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Negoziati Doha, Meloni sente Emiro Qatar e Netanyahu: “Ora il cessate il fuoco”. Israele accetta invio delegazione

Urgenza di giungere a un cessate il fuoco a Gaza che permetta il rilascio degli ostaggi ancora in vita e l’accesso pieno e senza ostacoli della popolazione civile all’assistenza umanitaria. Questo al centro delle telefonate che il premier ha avuto con l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al Thani, e con il primo ministro dello Stato d’Israele, Benjamin Netanyahu

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Quegli equilibri geopolitici che fanno da sfondo ad ogni trattativa, colloquio o telefonata, sembrano rigidi elastici pronti a schizzare da un momento all’altro. Ebbene, nell’ordine del giorno dei rapporti internazionali figurano i negoziati a Doha per il cessate il fuoco a Gaza. Dossier che Giorgia Meloni ha preso in mano, aperto la rubrica e digitato il numero di Benjamin Netanyahu e dell’Emiro del Qatar.

E se i team negoziali di Hamas e Israele sono quasi alle porte della città qatariana, qual è l’intento del premier? Nel quadro dei contatti avviati sin dal Vertice G7 di Kananaskis a sostegno di un cessate il fuoco sulla Striscia, il Presidente del Consiglio ha voluto intensificare il dialogo con i diversi leader.

E così, dopo il colloquio telefonico intrapreso con l’inquilino della Casa Bianca, Donald Trump, Meloni ha avuto conversazioni telefoniche con Tamin bin Hamad al Thani, e con Bibi. Il fil rouge delle telefonate è stata l’urgenza di giungere a un cessate il fuoco a Gaza che permetta il rilascio degli ostaggi ancora in vita e l’accesso pieno e senza ostacoli della popolazione civile all’assistenza umanitaria.

Raccomandazioni, quindi, e solleciti, quelli di Meloni consapevole della precarietà e della vulnerabilità delle conferme che arrivano nell’ottica di questo di appuntamenti diplomatici. Nel mezzo del tavolo negoziale, l’obiettivo di un cessate il fuoco di due mesi durante i quali verranno trattati i termini per la fine del conflitto nella Striscia.

Alle 22 ora locale, (le 21 in Italia), si riunisce il gabinetto di sicurezza israeliano. Nella lista delle priorità, al primo posto, i contenuti della delega ai negoziatori che terranno i colloqui a Doha. Poi il premier Netanyahu partirà alla volta di Washington dove sarà ricevuto dal presidente a stelle e strisce.

Intanto, l’apparato di sicurezza di Hamas ha già lanciato l’allarme tra le sue fila pubblicando una serie di istruzioni e un avvertimento diretto: “Israele potrebbe sfruttare il momento per compiere omicidi mirati, arresti e tentare di liberare ostaggi, prigionieri nella Striscia da 638 giorni, circa 20 su 50 ancora in vita“. Per il gruppo palestinese si tratta di giorni particolarmente delicati, proprio a causa della speranza che scatti la tregua. Le linee guida raccomandano di “aderire alle procedure di sicurezza durante le comunicazioni e gli spostamenti, e a mantenersi costantemente pronti ad affrontare attacchi a sorpresa o operazioni speciali nell’enclave“.

E proprio la consegna degli aiuti fa parte dei tre emendamenti chiesti da Hamas al piano – ritoccato – Witkoff nella risposta consegnata al Qatar, rischiando di diventare fertile terreno di scontro tra le parti. Hamas chiede che la gestione umanitaria torni nelle mani dell’Onu e venga tolta alla Ghf. Israele, dal canto suo, insieme agli Stati Uniti, ritiene che il sistema precedente abbia consentito all’organizzazione armata di appropriarsi delle merci, soprattutto per essere rivendute al mercato nero lucrando e facendo impennare i prezzi a Gaza.

Le fonti mediche che intervengono senza sosta nella stremata Striscia, invece, riferiscono di almeno 70 residenti di Gaza sono morti nelle ultime 24 ore a causa degli attacchi israeliani. A stretto giro, però, l’Idf ha spiegato di aver colpito e ucciso decine di terroristi in diverse zone della Striscia e di aver distrutto depositi di armi, lanciatori di missili e centri di comando delle fazioni armate palestinesi.

A Tel Aviv e in altre città del Paese, invece, decine di migliaia di manifestanti si stanno unendo ai parenti degli ostaggi. Il Forum delle famiglie ha contestato le notizie secondo cui un accordo garantirebbe il rilascio solo di alcuni dei rapiti in più fasi. “In questo momento critico è vietato conformarsi alle liste di Schindler che vengono dettate, come se fosse impossibile riportarli indietro tutto“, solleva il Forum, citando la lista di Oskar Schindler dei dipendenti ebrei salvati dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti durante l’Olocausto. I familiari hanno dichiarato che il metodo di liberazione degli ostaggi attraverso liste e fasi crea “un’incertezza insopportabile“.

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