Aveva servito il Paese al fianco di George W. Bush dal 2001 al 2009, guadagnandosi l’appellativo di vicepresidente Usa più potente nella storia moderna, affrontando alcune delle crisi più complesse del Paese. Dick Cheney è morto oggi a 84 anni dopo aver dedicato la sua intera vita e carriera allo sviluppo, anche se con luci e ombre.
Ad annunciare la morta sono stati i suoi famigliari, come riportato dalla CNN. “La sua amatissima moglie da 61 anni, Lynne, le figlie, Liz e Mary, ed altri membri della famiglia erano con lui al momento della morte“, si legge nel comunicato dei parenti di Cheney, in cui si specifica che l’ex vicepresidente è deceduto a causa delle conseguenze di una polmonite e per problemi cardiovascolari. Alcuni anni dopo il suo ritiro a vita privata, nel 2012, il già numero 2 della Casa Bianca si era sottoposto ad un trapianto di cuore.
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Chi era Dick Cheney, il vicepresidente di George W. Bush
Dick Cheney è nato nel 1941 a Lincoln, nel Nebraska, e studia a Yale per poi insegnare Scienze Politiche. Nel 1965 arriva la svolta della sua carriera, quando viene preso come stagista legislativo part time per il senatore del Wyoming, Bill Steiger. Un’opportunità che si trasforma in un vero e proprio trampolino di lancio, soprattutto quando Cheney inizia a collaborare con Donald Rumsfeld, ex segretario della Difesa degli Usa.
Da ragazzo entra così prima nel governo di Richard Nixon e poi di Gerlad Ford, diventando così nel 1975 il più giovane Capo di gabinetto della Casa Bianca. Nel 1978 viene eletto deputato del Wyoming per la prima volta e resta alla Camera fino al 1989, dove vota contro l’aborto e contro il controllo delle armi nel Paese. Da questo momento, la sua carriera continua a crescere. Sempre nello stesso anno diventa segretario della Difesa di George Bush senior e gestisce l’operazione Desert Storm nel corso della prima guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein.
Nel 2000, poi, arriva l’opportunità della sua vita. George W. Bush che gli chiede di fare il suo vice nella corsa alla Casa Bianca. Dopo la vittoria, l’11 settembre 2001 assume la gestione della crisi, nel tentativo di poter salvaguardare la “continuità presidenziale” nel caso in cui gli attacchi terroristici avessero preso di mira la Casa Bianca. Un evento che si inserisce nel percorso iniziato da Cheney già a metà degli anni ’90 con il Progetto per un nuovo secolo americano con lo scopo di far cadere Saddam Hussein una voltsa per tutte.
Dopo l’11 settembre, il vicepresidente difende l’invasione dell’Iraq, sostenendo che “se esiste l’1% di probabilità che qualcosa costituisca una minaccia, gli Usa sono tenuti a reagire come se la minaccia fosse certa al 100%“. Nel 2008, allo scadere del suo mandato, Cheney dichiara di non voler correre come presidente.
Nei suoi ultimi anni, il conservatore viene ostracizzato dal suo partito, a causa delle sue intense critiche al presidente Donald Trump, che ha definito un “codardo” e la più grande minaccia di sempre per la repubblica.
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