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Dopo la morte di Sinwar dubbi su sorte ostaggi, Netanyahu avverte: “Nulla ci fermerà”

Il conflitto in Medio Oriente prosegue nonostante gli obiettivi dello Stato ebraico siano stati quasi del tutto raggiunti; i 97 ostaggi nelle mani di Hamas continuano a preoccupare Tel Aviv, che al momento è incerta sul loro destino

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L’uccisione di Yahya Sinwar, leader militare di Hamas, ha modificato l’assetto del conflitto in Medio Oriente ed ha aperto ad un futuro ancora più incerto. La guerra finirà a breve? Israele e Hamas riusciranno a trovare una via diplomatica che possa finalmente porre fine alle ostilità? E soprattutto, ora sarà possibile riportare gli ostaggi a casa? Le domande sono numerose ma le risposte al momento sono ancora troppo poche.

Benjamin Netanyahu ha sostenuto che l’obiettivo principale della guerra contro Hamas è stato raggiunto, eppure ha invitato i soldati dell’Idf (Forze di difesa israeliane) a non abbassare la guardia e a continuare a combattere per difendere il proprio Paese. Sinwar è stato ucciso lo scorso 17 ottobre e le offensive contro la Striscia di Gaza hanno proseguito senza tregua. Anche stanotte, una tendopoli di sfollati è divenuta l’obiettivo di un raid aereo.

Allo stesso modo, sul fronte libanese il conflitto non sembra arrestarsi. Le sirene di Tel Aviv hanno iniziato a suonare questa mattina a causa di un drone intercettato a diretto nella zona di Cesarea. L’agenzia di stampa del Qatar, Al Araby, ha riportato che l’obiettivo di questa offensiva fosse proprio l’abitazione di Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele. Sembrerebbe che il drone libanese abbia effettivamente colpito una struttura nella zona di Cesarea ma non è chiaro se fosse realmente la residenza del primo ministro. Non si registrano feriti, come sottolineato dall’Idf.

Netanyahu: “Continueremo fino alla vittoria

A seguito della notizia del drone diretto verso l’abitazione di Netanyahu, quest’ultimo è stato intercettato da un giornalista che ha postato su X un breve video in cui il primo ministro sostiene che la guerra di Israele proseguirà. “Nulla ci scoraggerà” dice infatti il premier, per poi aggiungere: “Continueremo fino alla vittoria“. Intanto, il tentativo di bombardare la residenza del leader di Tel Aviv continua a innescare diverse conseguenze.

Un alto funzionario del governo ha riferito alla tv Channel 12 che in realtà il vero fautore dell’attacco sarebbe l’Iran, che “ha cercato di eliminare il primo ministro Benjamin Netanyahu“.

Khamenei: “La morte di Sinwar non fermerà Hamas

Il leader supremo israeliano, l’Ayatollah Ali Khamenei, ha sostenuto che la morte di Yahya Sinwar è un evento che non porterà alla fine di Hamas. L’organizzazione terroristica “è viva e rimarrà tale” ha sottolineato, ricordando come anche in passato sia stata decimata e quasi distrutta, per poi col tempo ritrovare la sua forza e costruire una nuova gerarchia. In questo senso, quindi, sembrerebbe che il conflitto tra Israele e Hamas non possa trovare mai una fine, a causa delle continue ostilità che ciclicamente risorgerebbero tra le due entità.

Khamenei, leader Iran
L’Ayatollah Khamenei, leader Iran

La sua perdita è certamente dolorosa per il fronte della resistenza contro Israele” ha ammesso l’Ayatollah, confermando che la perdita di Sinwar possa essere un motivo di indebolimento dell’organizzazione. Khamenei ha però poi aggiunto che nonostante Sinwar fosse tra i leader dell’organizzazione, questa non si fermerà affatto“. L’ipotesi, infatti, è che la morte del leader militare sia vissuta come una sorta di inno alla resistenza: Sinwar è deceduto mentre indossava la tenuta militare, mentre riorganizzava la resistenza e nei suoi ultimi istanti prima di morire ha cercato di abbattere un drone.

Con la morte di Sinwar i negoziati saranno più duri

Secondo gli analisti del conflitto mediorientale, la morte di Yahya Sinwar potrebbe avere conseguenze importanti sui negoziati per la liberazione degli ostaggi. Nei giorni scorsi, infatti, da Israele è giunto il grido di allarme dei famigliari di coloro che sono ancora nelle mani di Hamas: “Temiamo che vi siano ritorsioni“. La paura, infatti, era che la morte del leader di Hamas convincesse i miliziani a punire Israele nel più terribile dei modi. L’organizzazione terroristica, infatti, privata dei suoi vertici, avrà maggiore difficoltà a portare avanti i negoziati con lo Stato ebraico e quindi potrebbe rendersi conto che al momento gli ostaggi non sono più un elemento imprescindibile di questo conflitto.

Al momento Hamas tiene in ostaggio 97 persone, di cui 34 decedute, come riportato dalla stessa Idf, e secondo il Soufan Center di New York nelle ultime settimane Sinwar avrebbe iniziato ad assumere una posizione molto più dura, tanto da non voler più cedere a negoziati per il cessate il fuoco o per la liberazione delle persone tenute prigioniere. Senza i suoi vertici, Hamas è tornata ad essere una semplice milizia che quindi potrebbe decidere di non avventurarsi in un vero e proprio negoziato, ma potrebbe optare per una liberazione frammentata in cambio dell’immunità per coloro che hanno partecipato al conflitto.

Inoltre, si fa strada anche l’ipotesi che al momento l’organizzazione non stia più dedicando la massima attenzione agli ostaggi, i quali potrebbero riuscire a sfruttare il momento per fuggire. Si tratterebbe in ogni caso di semplici ipotesi, anche in vista della possibile riorganizzazione di Hamas, che potrebbe presentare a breve un nuovo leader. Sembrerebbe che al momento l’organizzazione stia prendendo in considerazione Mohammed Sinwar, fratello di Yayha, o un leader in esilio che possa fungere da leader politico dell’organizzazione.

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