Le celebrazioni del Tisha Beav sono in corso in Israele e si teme che in questi giorni di festa, in cui si ricorda la distruzione del tempio di Gerusalemme e l’inizio della diaspora degli ebrei, possa arrivare il tanto temuto attacco dell’Iran. L’attenzione è massima e le tensioni crescono, soprattutto in vista dei negoziati previsti per il 15 agosto a Doha. Nel caso in cui l’Iran decidesse di attaccare prima, gli equilibri nella Regione potrebbero spostarsi e i negoziati potrebbero rivelarsi inutili.
Così, negli ultimi giorni, il telefono delle autorità iraniane ha squillato ininterrottamente, peoiché diversi capi di Stato e governo occidentali hanno voluto provare a convincere lo Stato islamico ad evitare l’offensiva, o perlomeno a ritardarla. Il presidente iraniano Massoud Pezeshkian ha sostenuto che il suo Paese ha “il diritto di rispondere” a qualsiasi aggressione nei suoi confronti, ma ha anche dichiarato che personalmente vorrebbe evitare un’offensiva su grandi dimensioni.
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Non tutti, però, nello Stato islamico condividono le posizioni di Pezeshkian. Il Corpo delle guardie rivoluzionare, infatti, vorrebbe lanciare un’offensiva di dimensioni ben maggiori rispetto a quella dello scorso 13 aprile. Da comprendere, poi, se Hezbollah deciderà di unirsi alla rappresaglia ma in Israele e preparativi per lo scenario peggiore proseguono.
Medio Oriente, i preparativi per l’attacco dell’Iran
Il pericolo di un’offensiva dell’Iran sul territorio israeliano ha spinto l’Idf a chiedere ai soldati operativi di non rispettare il digiuno del Tisha Beav e di non lasciare il Paese per le vacanze. I segnali di preoccupazione arrivano anche dal portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby: “Siamo preoccupati che l’Iran possa attaccare nei prossimi giorni e per questo il Pentagono ha fatto alcuni cambiamenti nella nostra postura militare nell’area“.
In particolare, gli Stati Uniti hanno deciso di spiegare in Medio Oriente lo Uss Georgia, un sottomarino missilistico a propulsione nucleare. Già nei giorni scorsi, poi, Washington aveva dichiarato di aver “accelerato il transito” della portaerei Abraham Lincoln verso la regione. Le tensioni tra Israele e Iran si mescolano a quelle con Hamas, contro cui proseguono le offensive nella striscia di Gaza. Secondo i funzionari della fazione che governano la Striscia quasi 40mila persone sono rimaste uccise dal 7 ottobre, di cui 16.400 sono bambini.
Medio oriente, gli Usa vogliono Hamas ai negoziati
L’ennesimo nodo da sbrogliare in Medio Oriente riguarda la dura posizione di Hamas, che ha dichiarato di non avere intenzione di inviare una delegazione che partecipi ai negoziati del 15 agosto. Una risposta dura all’attacco israeliano ad una scuola della Striscia di Gaza, in cui sono morte circa 100 persone. Hamas non vuole partecipare alla creazione di nuovi accordi, ma ha esortato gli Stati Uniti affinché convincano Israele ad accettare i concordati del 2 luglio, affinché venga messo in atto il piano in tre fasi per la pace duratura presentato da Joe Biden.
Sembrerebbe che gli Usa auspichino che Hamas partecipi alle trattative, per cui il segretario di Stato Anthony Blinken avrebbe avuto un lungo colloquio telefonico con la sua controparte turca, per discutere proprio delle possibilità che questo avvenga. La situazione, però, non sembrerebbe migliorare, anche a causa dei continui attacchi portati avanti da Israele. Nella giornata di ieri, le forze israeliane hanno ucciso un palestinese nella Cisgiordania occupata.
Secondo l’Idf si sarebbe trattato di un uomo che stava attaccando un cittadino israeliano e che per questo è stato “neutralizzato“. L’ala politica di Hamas ha poi rilasciato una dichiarazione in lutto per la morte di “Tariq Daoud, comandante delle Brigate Al-Qassa nel governatorato di Qalqilya, ucciso in un vile assassinio” da parte delle forze israeliane ad Azzun.
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