I missili di Israele iniziano a seminare caos anche nel Sud del Libano, dove 492 persone, tra cui 35 bambini, sono state uccise nel corso delle offensive portate avanti dallo Stato ebraico. Il 23 settembre è stato uno dei giorni più sanguinosi della storia del Libano ed ha segnato anche l’inizio della fuga di massa dei cittadini libanesi che non si sentono più al sicuro nelle loro case. L’obiettivo di Israele erano i capi e gli esponenti di Hezbollah, il gruppo terroristico che continua a preoccupare Benjamin Netanyahu.
Sarebbero stati colpiti 1300 obiettivi in 24 ore, come riportato dal portavoce israeliano Daniel Hagari, confermando che circa la metà delle dotazioni militari di Hezbollah sono state distrutte. Ora l’organizzazione terroristica avrebbe a disposizione circa 60 o 70mila missili, razzi e droni che potrebbe utilizzare per colpire Israele. Lo Stato ebraico, però, non ha intenzione di farsi trovare impreparato. “Stiamo preparando la prossima fase dell’operazione” ha sostenuto il Capo di Stato maggiore Herzi Halevi, confermando che il nuovo fronte libanese potrebbe diventare parte integrante del conflitto in corso in Medio Oriente.
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Intanto, risuonano nel vuoto le parole delle decine di migliaia di libanesi, costretti a perdere la libertà e la pace da innocenti. “Noi non siamo Hezbollah, eppure ci hanno colpiti, una bomba a cento metri da casa nostra, hanno preso di mira tutti, è un massacro” ha spiegato un ragazzo 23enne di Nabatye a Repubblica. Un grido inascoltato, che come unica risposta per il momento ha ottenuto l’invio di ulteriori 40mila soldati statunitensi nella Regione. Una soluzione che è stata però ritenuta inefficace e soprattutto poco corretta nei confronti di una popolazione che teme di diventare la nuova Gaza.
Libano, Netanyahu: “Tutti sono nel mirino“
Dopo la morte del numero due di Hezbollah Fuad Shukr e del comandante Ibrahim Aquil, l’esercito israeliano punta alla decapitazione del movimento terroristico libanese. “Tutti sono nel mirino” avverte il presidente israeliano Benjamin Netanyahu, lanciando un messaggio diretto a Hassan Nasrallah senza nominarlo. La pioggia di missili, razzi e droni che ha colpito il Sud del Libano, così come Dahieh, sobborgo meridionale di Beirut, in cui si trova il centro operativo di Hezbollah.
Anche lì sono arrivati i razzi, con l’obiettivo di uccidere un altro comandante di Hezbolla, Ali Karaki, che però secondo fonti libanesi sarebbe sopravvissuto all’attacco. “Questa guerra non è contro il Libano ma contro Hezbollah” avrebbe dichiarato ieri il presidente israeliano Benjamin Netanyahu, non ottenendo però alcuna risposta da fonti libanesi. La popolazione è furiosa e, mentre abbandona le sue abitazioni, in cerca di un rifugio sicuro dalle bomba, continua a guardare con paura verso Israele, che non sembra intenzionato a porre fine a questa offensiva.
La Spagna ha invitato i suoi cittadini a lasciare il Paese e il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha sostenuto che lo Stato è pronto a sostenere l’evacuazione di circa 300 o 400 italiani che si trovano nella zona attaccata. Per il momento, però, non vi sarebbero intenzioni di evacuare i plotoni Unifil italiani, di stanza al confine tra Libano e Israele.
Gallant: “Hezbollah sarà ricordato solo per le sue perdite“
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, ha rilasciato un’intervista a La Stampa in uno dei giorni più concitati per lo Stato ebraico, nel mezzo di un’offensiva di ingenti dimensioni contro il Libano. Un attacco mirato ad uccidere gli esponenti di Hezbollah, per fermare le azioni del gruppo terroristico che continua da mesi a bombardare il Nord di Israele. “Quello che diciamo è quello che facciamo: stiamo infliggendo un duro colpo a Hezbollah e questo invierà onde d’urto in tutta la Regione” ha sottolineato il ministro, per poi dichiarare duramente: “Hezbollah sarà ricordato solo per la sue perdite e per il caos che ha creato per i suoi stessi cittadini, il popolo del Libano“.
Le parole di Gallant sembrano dimostrare che le offensive di Israele non si fermeranno finché il loro obiettivo non sarà raggiunto. “Abbiamo lottato per un accordo, ma Hezbollah deve riconoscere la sua responsabilità per aver violato la risoluzione 1701 delle Nazioni Unite. Invece ha scelto di collegare il destino del Libano a quello di Hamas” ha sostenuto Gallant, aggiungendo che le operazioni di questi giorni stanno ottenendo risultati efficaci in questo senso, più di quanto sia avvenuto negli scorsi undici mesi di conflitto.
La distruzione di Hezbollah, secondo il ministro della Difesa, è necessaria principalmente per permettere di tornare a casa alle migliaia di sfollati del Nord di Israele, che sono bersaglio dei missili dell’organizzazione libanese. “La minaccia al Nord è molto più rischiosa” ha infatti spiegato Yoav Gallant, chiarendo che “i terroristi di Hezbollah sono avanzati e sono dotati di armi sofisticate“.
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