“Nessun posto è troppo lontano per Israele“, sono queste le inquietanti parole pronunciate dal ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, come monito a tutti coloro che ancora credono di poter attaccare lo Stato ebraico, e poi farla franca. In quasi un anno di guerra tra Israele e Hamas ciò che è diventato certo è che lo Stato ebraico non perdona e non dimentica. Ogni torto, ogni tentativo di bombardare, di ferire, di spaventare i cittadini israeliani, trova poi una sua punizione, per alcuni spesso troppo violenta e su larga scala.
Hamas per prima ha provato sulla pelle dei suoi miliziani, e dell’intera popolazione palestinese, il dolore della rappresaglia israeliana. Un’invasione accompagnata dal costante terrore di essere uccisi, rapiti, sacrificati, nel nome della rivendicazione di un territorio che ormai da millenni provoca guerre. Dal 17 settembre anche il Libano sembra essere diventato una nuova Striscia di Gaza. Le offensive israeliane hanno l’obiettivo di uccidere i leader di Hazbollah, eppure nel mezzo sono centinaia i morti innocenti e più di un milione gli sfollati.
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Si tratta di vittime la cui unica colpa è quella di avere la stessa nazionalità dei terroristi che preoccupano Israele. Così il loro sacrificio diviene solo un danno collaterale. Lo Stato ebraico non si è fermato neanche in Libano, preoccupato dalle ondate di violenza provenienti da altri Stati vicini. Così, nella tarda serata di ieri anche lo Yemen degli Houthi ha ricevuto la sua dose di bombardamenti, mentre l’Iran osserva in attesa di prendere una decisione. Il Medio Oriente rischia quindi di divenire un focolaio di guerra su più fronti, con la possibilità che le sue conseguenze possano destabilizzare anche l’Occidente.
Israele, nuovi raid contro lo Yemen
Israele ha dato inizio a una serie di offensive contro lo Yemen nella tarda serata di domenica, quando decine di aerei hanno sorvolato la regione, pronti a colpire i porti di Hodeidah e Ras Issa, usati dalla Nazione per il rifornimento di armi e petrolio. L’esercito israeliano ha chiarito che i siti colpiti avevano un’interesse bellico, in quanto si tratterebbe di porti affacciati sul Mar Rosso. I bombardamenti hanno interessato anche l’aeroporto internazionale di Hodeidah, in cui secondo Israeliane i cargo degli ayatollah, farebbero arrivare carichi di armi.
Il bilancio dell’offensiva è di quattro morti e diversi feriti. Una risposta dura agli tacchi dello scorso 20 luglio, quando lo Yemen era riuscito a far penetrare un drone in territorio israeliano, provocando una vittima. Tale aggressione, però, funge però anche da prova di forza, per dimostrare che Israele è intoccabile e soprattutto vendicativa. Intanto, l’Iran valuta le sue prossime mosse, consapevole che un attacco diretto a Israele potrebbe provocare l’entrata nel conflitto degli Usa, forti alleati dello Stato ebraico.
Israele, le prime offensive nel centro di Beirut
I bombardamenti contro lo Yemen non sono stati gli unici portati avanti da Israele nella giornata di ieri. Le mire dell’Idf si sono infatti nuovamente rivolte in Libano, zona caldissima del territorio del Medio Oriente. Lo Stato ebraico vuole distruggere fino alle radici l’organizzazione terroristica di Hezbollah e finora sembrerebbe che il suo obiettivo sia più che raggiungibile. Il leader Hassn Nasrallah è stato infatti ucciso, così come alcuni dei suoi papabili successori. L’organizzazione libanese al momento si trova senza punti di riferimento, mentre le bombe di Israele continuano a colpire.
Israele ieri ha colpito il centro della città di Beirut, mai attaccato direttamente dall’inizio del conflitto, uccidendo 20 comandanti dell’organizzazione terroristica. Nella giornata di ieri, inoltre, i media libanesi hanno mostrato il recupero del corpo di Nasrallah, completamente intatto. Si presume, quindi, che il leader di Hezbollah sia morto soffocato, a seguito del bombardamento dell’edificio in cui si trovava. Ad aggravare la situazione, inoltre, c’è la possibilità che l’ordigno utilizzato per l’offensiva fosse di fabbricazione statunitense.
L’attacco nel centro di Beirut avrebbe provocato la morte di almeno quattro persone, tra cui tre figure di spicco all’interno di Hezbollah. Nel complesso, dall’inizio delle offensive sul territorio libanese, il numero dei morti ha toccato quota mille, dimostrando la pericolosità di un conflitto che continua a non guardare in faccia gli innocenti. In fin dei conti, il ministro della Difesa Yoav Gallant ha sostenuto sin dall’inizio della guerra che “chi fa del male ad Israele pagherà un caro prezzo“, frase ripetuta anche nella giornata di ieri.
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