Dopo Oman e altre due tornate a Roma, arriva il quinto round di colloqui sul nucleare tra Iran e Stati Uniti per la terza volta nella Capitale. Alle ore 13, le due delegazioni con discussioni che dovrebbero essere sia dirette che indirette, come nei precedenti incontri, affronteranno il dossier di un piano nucleare per Teheran.
Prima di decollare alla volta della Urbe, il Ministro degli Esteri iraniani, Abbas Araghchi, accompagnato da Majid Takht Ravanchi, vice ministro degli Esteri per gli affari politici, Kazem Gharibabadi, vice ministro degli Esteri per gli affari legali e internazionali Kazem Gharibabadi, portavoce del ministero degli Esteri Esmail Baghaei e da un certo numero di altri membri del team negoziale, si è espresso circa la possibilità di raggiungere l’intesa.
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“Trovare un percorso per un accordo non è complicato. – rassicura il Ministro rimanendo però cauto – Sulle armi nucleari al livello zero, siamo d’accordo. Non siamo d’accordo sull’arricchimento a zero. E’ tempo di prendere una decisione“. In base a quanto si ra comunicato nel corso degli scorsi negoziati, l’orizzonte per una possibile firma dovrebbe essere ottobre, quando potrebbe scattare il meccanismo del cosiddetto ‘snapback‘, ovvero la reintroduzione di sanzioni, previsto dal Jcpoa, di cui ancora sono parte Russia, Cina, Germania, Francia, Regno Unito e Ue.
Intanto, stando ad alcune anticipazioni dei media, a Roma sono attesi l’inviato speciale
degli Stati Uniti in Medio Oriente, Steve Witkoff, e il direttore della pianificazione politica del Dipartimento di Stato, Michael Anton.
Nonostante l’alta tensione per i dossier sul tavolo, alla vigilia del nuovo round, l’Iran ha dato un segnale di apertura sull’ipotesi di concedere più ispezioni ai propri siti nucleari. Dicendosi fiduciosi nella “natura pacifica del nostro programma nucleare“, Araghchi informa di non aver alcun problema in linea di principio con più ispezioni e più trasparenza. Anche perché, a detta del Ministro, se l’Iran volesse procedere alla creazione di armi nucleari, lo avrebbe già fatto.
Il percorso diplomatico, invece, sembra riscontrare spinosi nemici negli Stati Uniti che è osteggiato da Israele, il più importante alleato degli Usa in Medio Oriente. Nell’esprimere la sua opposizione a un accordo, nelle scorse settimane, senza abbassare la guardia, il premier Benjamin Netanyahu aveva dichiarato senza mezzi termini che l’unica opzione accettabile è il “modello libico”, che riguarderebbe lo smantellamento totale del programma nucleare degli ayatollah.
L’auspicio di Tajani
Dall’Italia invece si erge la voce del Ministeo degli Esteri, Antonio Tajani, che assicura che da parte del governo italiano “c’è sostegno totale a questa mediazione“. Impegnato in una missione in Messico, il vicepremier forzista ha avuto già un colloquio telefonico con il mediatore omanita. Tajani ha inoltre valutato che “la decisione di svolgere l’incontro a Roma dimostri che le tensioni stanno calando“, ma “certamente si tratta di una trattativa non facile”.
Infatti, la questione resta al momento in un clima teso sul fronte degli effettivi accordi da raggiungere, in quanto da un lato occorrono garanzie da parte iraniana che non procederà alla costruzioni di armi atomiche, conditio sine qua non per procedere ad un piano che sia disegnato o meno su un via libero al possesso del nucleare nelle mani di Teheran. Il titolare della Farnesina ha auspicato, comunque, che in futuro l’Iran “non prenda decisioni scellerate sull’arricchimento dell’uranio“, evidenziando che la questione nucleare iraniana è una delle chiavi per pacificare il Medio Oriente.
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