Iran teme nuovi attacchi da Israele: “Pronti a rispondere con decisione”

Secondo alcuni siti di informazione, lo Stato islamico è in mano ad un governo ibrido guidato da un gruppo militare che starebbe mettendo in atto una dura repressione contro i cittadini. Nel corso della settimana sono stati uccisi 3 uomini perché ritenuti vittime del Mossad

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Il conflitto tra Israele e Iran è davvero concluso? Il nuovo capo di Stato Maggiore delle Forze Armate iraniane, Abdolrahim Mousavi, non è convinto che la guerra contro lo Stato ebraico si sia conclusa del tutto e ha dichiarato che in ogni caso Teheran è pronta a rispondere. “Abbiamo seri dubbi sul rispetto degli impegni presi, incluso il cessate il fuoco, e siamo pronti a una risposta decisa“, ha dichiarato il funzionario nel corso di un colloquio col ministro della Difesa saudita Khalid bin Salman, citato dalla tv di Stato dell’Iran.

Una presa di posizione che preoccupa, alla luce della situazione già tesissima in Medio Oriente. La tregua tra i due Paesi ha avuto inizio lo scorso lunedì, a 24 ore dall’attacco degli Stati Uniti contro i tre siti nucleari dello Stato islamico, al fine di evitare che quest’ultimo potesse avere le possibilità di produrre in autonomia armi nucleari. Un attacco durissimo, che è stato seguito dalla rappresaglia iraniana contro la base statunitense Al-Udeid in Qatar.

In poche ore, Donald Trump, presidente degli Stati Uniti ha invocato la pace, sostenendo che quello attuale non più il momento del conflitto. Dopo 12 giorni di tensioni e conflitti, quindi, i due Paesi hanno lasciato cadere le armi, non senza qualche problematica. Oggi, a una settimana di distanza, Teheran sembra però nutrire ancora dubbi sulla posizione di Gerusalemme. Il capo di Stato maggiore ha spiegato che l’attacco stesso perpetrato da Israele e Stati Uniti è un simbolo significativo delle sue preoccupazioni.

Hanno attaccato l’Iran nel bel mezzo dei colloqui Teheran-Washington, dimostrando di non essere vincolati da alcuna norma o regola internazionale“, ha spiegato Mousavi, aggiungendo che Teheran non ha avuto alcuna intenzione di dare inizio ad un conflitto, ma si è limitata a rispondere all’attacco di Stati stranieri.

Iran, in corso un’ondata di repressione

Intanto, nel Paese sembra essere in corso una delle più potenti ondate di repressione della storia recente. Secondo quanto riportato dal sito d’informazione Iran International, un gruppo militare avrebbe preso il controllo della Nazione e dato inizio ad una politica del pugno duro con un’ondata di arresti ed esecuzioni dopo la guerra con Israele. “Naturalmente, anche consiglieri come Araghchi e Takht Ravanchi, che hanno informazioni sulle questioni internazionali, sono al  loro fianco“. è stato chiarito, sostenendo che ora ai vertici dello Stato sia presente un governo ibrido, a metà tra volti nuovi e già presenti.

Nel corso della settimana, secondo Abc News, tre uomini sono stati giustiziati perché ritenuti agenti in incognito del Mossad. Gli attivisti per i diritti umani affermano che gli uomini erano semplici lavoratori e non hanno ricevuto un giusto processo. Nel Paese è in corso anche una “Jihad dell’informazione“, ovvero un controllo ben più accurato e repressivo delle attività online della popolazione. Gli esperti hanno inoltre avvertito che questo momento di repressione potrebbe trasformarsi in uno dei momenti più duri vissuti dal Paese.

Iran, attacco al carcere di Evin: morte 71 persone

Le autorità iraniane hanno confermato che nell’attacco che lo scorso lunedì ha avuto come obiettivo il carcere di Evin ha provocato più morti di quelli inizialmente immaginati. Il carcere di massima sicurezza, in cui sono rinchiusi oppositori politici del regime e cittadini con doppio passaporto, è stato colpito in uno degli ultimi raid dello Stato ebraico, finalizzato a radere al suolo i simboli del governo iraniano.

Sarebbero morte 71 persone a causa delle bombe lanciate nell’edificio. Tra le vittime si contano personale amministrativo del carcere, soldati di leva, detenuti, familiari di detenuti che erano in visita o si erano recati per seguire questioni legali e residenti locali che vivono nelle vicinanze del carcere.

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