“La mia intervista ai media vaticani voleva manifestare la presenza e la partecipazione della Santa Sede per quanto avvenuto il 7 ottobre e voleva essere un invito alla pace“, così il cardinale Pietro Parolin commenta la polemica scaturita intorno alla sua intervista all’Osservatore Romano, criticata dallo Stato ebraico in quanto ritenuta una sorta di deterrente per la pace perché, dal loro punto di vista, equiparava l’attacco di Hamas alla risposta di Israele.
Il Segretario di Stato vaticano respinge ogni accusa e sottolinea di non credere che vi sia “equivalenza morale tra l’una e l’altra situazione“, in quanto “dove c’è violenza c’è sempre da condannare“. Le sue parole, spiega lui stesso a margine del convegno sulla Cina all’Urbaniana, volevano esprimere semplicemente il desiderio di porre fine alla violenza in corso e dare inizio ad un percorso di riconciliazione. “Ora si tratta di realizzare l’accordo, la parte più difficile perché il diavolo sta nei dettagli“, ha sostenuto.
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Proprio sull’accordo per il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco, Parolin ha espresso una “soddisfazione generale“, in quanto convinto che questo sia un primo passo verso la pace duratura e definitiva. La strada, però, sarebbe ancora lunga, in quanto si tratta di trovare un accorso su numerosi aspetti non ancora tratta. “Ci sono punti che chiedono di essere implementati e probabilmente sui quali non c’è perfetta coincidenza tra le parti“, ha continuato, spiegando che ciò che conta al momento è continuare ad avere buona volontà. “Plaudiamo a questo accordo e speriamo si possa proseguire in questo senso“, ha aggiunto.
Nel corso dell’intervista pubblicata dall’Osservatore Romano il 7 ottobre scorso, il cardinale apriva anche alla possibilità che il piano “coinvolga il popolo palestinese nelle decisioni del proprio futuro“. Inoltre, riconoscendo la gravità di ogni atto antisemita, il porporato di Schiavon ha sostenuto che allo stesso modo “nessun palestinese deve essere discriminato per il fatto di essere tale“.
Parolin: “Spero che il Nobel a Machado sia un modo per ritrovare la democrazia”
Il Segretario di Stato vaticano ha deciso di commentare anche la decisione di insignire del Nobel per la Pace l’attivista venezuelana Maria Corina Machado, sostenendo di sperare che “questa decisione possa aiutare davvero il Paese a ritrovare serenità, la via della democrazia e della collaborazione tra tutte le parti politiche“. Un tema particolarmente caro al porporato che è stato nunzio in Venezuela prima di assumere l’incarico di segretario di Stato dopo l’elezione di Papa Francesco.
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