Benjamin Netanyahu, primo ministro d’Israele, ha rivendicato l’intenzione del suo governo di portare a termine la missione a Gaza. Senza la distruzione di Hamas e la restituzione di tutti gli ostaggi, l’operazione iniziata il 7 ottobre 2023 non potrà considerarsi conclusa. Nulla di nuovo, se non fosse per la decisione del leader ebraico di porre fine al blocco degli aiuti umanitari nella Regione.
“Non dobbiamo arrivare a una situazione di carestia, né dal punto di vista pratico, né da quello diplomatico“, ha sostenuto in un messaggio alla Nazione, confermando la notizia diffusa ieri sulla ripresa della consegna degli aiuti umanitaria alla popolazione della Striscia. Netanyahu ha chiarito che lo stop giunto a marzo era legato alla scoperta dei tentativi di Hamas di prendere possesso degli aiuti.
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Intanto, l’operazione “Carri di Gedeone” continua senza tregua, Nella sola giornata di oggi, secondo quanto riferito da fonti mediche ad Al Jazeera, sono 84 le persone che hanno perso la vita. Le Nazioni Unite sono invece intervenute per portare un barlume di speranza, confermando che oggi nove camion carichi di aiuti sono giunti nella Striscia attraverso il valico di Karem Shalom.
“Le autorità israeliane ci hanno temporaneamente permesso di riprendere la consegna di aiuti limitati a Gaza“, ha spiegato Tom Fletcher, sottosegretario dell’Onu per gli Affari umanitari, aggiungendo però che quanto portato oggi non basterà a risolvere la situazione di crisi. “È una goccia nell’oceano di ciò che è urgentemente necessario“, ha spiegato, sostenendo però che l’Onu è pronta a fare molto di più nel momento in cui si verificheranno le condizioni necessarie.
Le Nazioni Unite hanno infatti chiesto che siano aperti due attraversamenti a Gaza, uno a nord e un altro a sud, oltre ad una semplificazione delle procedure di ingresso e la rimozione degli ostacoli all’entrata di Gaza. Inoltre, l’Idf dovrò garantire che saranno fermati gli attacchi nel corso delle distribuzioni, così da non mettere in pericolo i presenti.
Netanyahu: “Con Usa organizzeremo centri di distribuzione di aiuti umanitari”
Israele, quindi, ha deciso di procedere diversamente, anche grazie all’aiuto degli Usa. “Abbiamo deciso di adottare un nuovo metodo: punti di distribuzione protetti dalle forze dell’Idf, che impediscano l’accesso a Hamas e permettono ad aziende americane di distribuire cibo e medicine alla popolazione“, ha spiegato il premier israeliano, chiarendo comunque che questa soluzione necessiterà di tempo.
Netanyahu ha anche confermato che in parte la sua decisione è stata dovuta alle pressioni internazionali di quei Paesi che hanno duramente condannato la situazione di carestia. In attesa che i nuovi impianti di distribuzione siano pronti, Netanyahu ha garantito che alla popolazione palestinese sarà offerto il minimo indispensabile per la sopravvivenza.
Gaza, presto un’offensiva su Khan Younis
Il primo ministro israeliano ha anche confermato l’intenzione di “prendere il controllo di tutta la Striscia di Gaza“. Ormai due settimane fa, il governo israeliano ha annunciato l’operazione “Carri di Gedeone“, che prevede l’invasione della Striscia di Gaza da parte delle truppe israeliane, con l’obiettivo di rimanervi a tempo indeterminato, trasferendo i cittadini palestinesi in Stati esteri.
L’operazione ha avuto inizio due giorni fa con i primi bombardamenti a tappeto, che in sole 24 hanno provocato più di 150 morti. La situazione di giorno in giorno diventa quindi più preoccupante, come confermano i messaggi di evacuazione consegnati oggi ai cittadini di Khan Younis, Bani Suheila e Abasan nella Striscia di Gaza.
“L’Idf lancerà un’offensiva senza precedenti per distruggere le capacità delle organizzazioni terroristiche in quest’area“, ha dichiarato il portavoce dell’Idf in lingua araba. Al momento non è chiaro in che momento si verificherà l’offensiva, ma si teme che le sue conseguenze siano catastrofiche.
Il ministro delle Finanze israeliano e leader di estrema destra, Bezalel Smotrich, ha confermato che le truppe israeliane sono al momento impegnate a “spostare la popolazione dalle zone di combattimento verso il sud della Striscia“. Solo a seguito di questo primo passaggio, i gazawi saranno trasferiti “in Paesi terzi, secondo il piano del presidente Trump“.
Un’opzione che sarebbe stata criticata duramente dalle forze occidentali, anche se senza successo. “Niente più incursioni ad operazioni lampo, ora conquistiamo, purifichiamo e restiamo“, ha sostenuto il ministro, prima di lasciarsi andare ad una dichiarazione durissima: “Lungo il percorso, anche ciò che resta della Striscia verrà spazzato via, semplicemente perché tutto lì è diventato un’unica grande città del terrore“.
La reazione alla riapertura di Netanyahu agli aiuti
Intanto, mentre si cercano di capire le implicazioni legate alle nuove dichiarazioni di Benjamin Netanyahu, sono numerosi i leader internazionali che hanno preso la parola in riferimento all’invio di aiuti umanitari a Gaza. La commissaria europea per la gestione delle Crisi, Hadja Lahbib, ha criticato la decisione di Netanyahu di privatizzare i beni di prima necessità, dicendosi pronta a non sostenere alcun nuovo sistema, che sia di natura privata o militare.
“Insieme, ribadiamo il nostro pieno sostegno a tutte le agenzie e ai partner umanitari delle Nazioni Unite“, ha dichiarato, per poi ricordare il lavoro instancabile che queste portavo avanti quotidianamente per portare speranza e assistenza a milioni di persone vulnerabili in tutto il mondo.
Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha invece annunciato di aver discusso con il suo omologo israeliano affinché nel prossimo futuro possa essere garantito l’ingresso dei camion di Food for Gaza e dei nuovi aiuti italiani. “Food for Gaza è un programma che mira soltanto ad aiutare la popolazione civile“, ha dichiarato, appellandosi nuovamente al governo dello Stato ebraico affinché questi beni possano giungere realmente nelle mani dei più bisognosi.
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