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Gaza, si fanno avanti 5 sceicchi di Hebron: “No a due popoli due Stati, vogliamo accordi di Abramo”

Israele ha rifiutato la tregua dopo la decisione di Hamas di modificarla in parte. Mentre Netanyahu vola a Washington, il ministro dell'economia israeliano è stato contattato da 5 sceriffi di Hebron che hanno dichiarato di voler voltare le spalle all'Anp e aderire agli accordi di Abramo per porre fine alle ostilità. Negli accordi potrebbero essere coinvolti anche altre 6 fazioni della Palestina

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A Gaza la tregua sembra ormai una speranza irrealizzabile. Lo Stato di Israele e Hamas non sono vicini ad un’intesa che possa garantire almeno un cessate il fuoco provvisorio prima della firma di un accordo che porti alla pacificazione dell’area. Dopo l’apertura di Hamas al piano Witkoff migliorato è giunto il “no” di Israele, legato alle modifiche volute dall’organizzazione palestinese all’intesa.

Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele, non ha intenzione di cedere alle pressioni del gruppo islamico e continua a pretendere un cessate il fuoco che però rispetti solamente le volontà della sua Nazione. Così, anche in questo caso, l’ufficio del premier ha fatto sapere che “le modifiche che Hamas intende apportare alla proposta del Qatar non sono accettabili per Israele“. Un nuovo stop, che posticipa la fine delle ostilità e soprattutto la fine della strage in corso nella Striscia si Gaza.

Le bombe, la sete, la fame e le malattie continuano a stringere i gazawi in una morsa, mentre le due parti faticano a trovare un accordo che possa soddisfarle. Le speranze sono ora puntate verso i negoziati che si svolgeranno a Doha, in Qatar. Israele ha comunque annunciato che oggi una squadra negoziale israeliana prenderà parte ai colloqui diretti con Hamas incentrati sul rilascio degli ostaggi e sull’accordo per il cessate il fuoco. L’obiettivo resta quello di trovare un’intesa sul cessate il fuoco di due mesi durante i quali verranno tratti i termini per la fine del conflitto nella Striscia.

La proposta degli sceriffi di Hebron

Poco prima della partenza di Netanyahu per gli Stati Uniti, un gruppo di cinque importanti sceicchi del distretto di Hebron, in Cisgiordania, ha inviato una lettera al governo israeliano esprimendo il desiderio di aderire agli Accordi di Abramo e di raggiungere la pace con Israele. La notizia è stata riportata dal Wall Street Journal, che ha riferito alcuni dettagli della proposta.

Gli sceicchi hanno deciso di mantenere l’anonimato per preservare la loro sicurezza e hanno chiesto di potersi staccare dall’Autorità nazionale palestinese (Anp) per rendere Hebron un Emirato che riconosce Israele come Stato del popolo ebraico e in cambio è riconosciuto da Israele come Emirato rappresentante dei residenti arabi.

La lettera, indirizzata al ministro dell’Economia israeliano, Nir Barkat, presenta l’accordo come “equo e dignitoso“. L’obiettivo è quello di sostituire gli accordi di Oslo che “hanno portato solo danni, morte, disastro economico e distruzione“. Allo stesso modo, secondo questi sceicchi, la costruzione di uno Stato palestinese non farebbe altro che “portare tutti al disastro“. Il ministro israeliano ha invece dichiarato al Wsj che il vecchio paradigma dei due Stati è fallito e che l’Autorità Nazionale Palestinese non gode di fiducia tra il suo popolo e in Israele.

Lo sceicco Al Jabaari ha poi preso la parola, sostenendo di avere il controllo sul 78% del territorio di Hebron, che corrisponde a circa 700mila palestinesi. Il suo obiettivo è quello di porre fine a a tutte le rivendicazioni nel conflitto israelo-palestinese e poi coinvolgere altri seiemirati palestinesi” che comprendono le aree di Betlemme, Gerico, Nablus, Tulkarem, Jenin, Qalqilya e infine Ramallah.

Gaza, il piano Witkoff migliorato: cosa prevedeva

Tornando alla tregua, il rifiuto di Israele è giunto dopo la decisione di Hamas di modificare in parte la proposta dagli Stati Uniti prima di approvarla. Gerusalemme aveva già proceduto ad approvare il piano Witkoff migliorato, ma prima dell’intervento dell’organizzazione islamica. I nuovi accordi, quindi, non avrebbero soddisfatto il governo israeliano che ha deciso di tirarsi indietro.

Il piano Witkoff prende il nome dall’inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff, braccio destro di Donald Trump che segue le trattative sin dall’insediamento del presidente Usa alla Casa Bianca. La proposta prevede un cessate il fuoco di 60 giorni nella Striscia, con la liberazione di tutti gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, sia in vita che deceduti, e l’inizio di trattative per il cessate il fuoco definitivo tra le due potenze.

Lo scorso 1 luglio, il presidente Usa aveva annunciato l’approvazione da parte di Netanyahu dell’accordo, per poi esortare Hamas a fare lo stesso, così da porre fine una volta per tutte alle ostilità nella regione. Dopo la fine della guerra dei 12 giorni tra Israele e l’Iran, Donald Trump sembra intenzionato a pacificare del tutto il Medio Oriente, creando per Israele una situazione in cui i suoi avversari non sono più una minaccia.

A quasi quattro giorni dall’annuncio di Trump, Hamas ha dunque annunciato di voler approvare il piano Witkoff ma con alcune modifiche non sostanziali. L’organizzazione palestinese ha infatti preteso che vengano garantiti a Gaza aiuti umanitari che siano sufficienti per far funzionare forni e ospedali. Inoltre, la loro distribuzione deve essere affidata all’Onu o alla Mezzaluna Rossa e non a organizzazioni private gestita da Usa o Israele.

Hamas ha inoltre chiesto nuove negoziazioni per l’allontanamento dalla Striscia delle Forze di Difesa israeliane (Idf). Un punto critico, su cui le due parti non riescono a trovare un compromesso da anni. Intanto, il primo ministro di Israele continua a non cedere sul suo punto: nella Striscia non può rimanere alcun membro di Hamas. Proprio per questo, il governo israeliano continua a riflettere sulle modalità con cui garantire lo sfollamento di Gaza. Il piano di Israele resta dunque quello di trasferire i cittadini palestinesi in altri Stati, così da garantire la sicurezza del suo Paese.

Le nuove speranze per una pacificazione del territorio, quindi, ora risiedono nei nuovi negoziati a Doha in Qatar. Il primo obiettivo è quello di trovare un accordo su una prima tregua di almeno due mesi. L’unica soluzione per dare respiro alla popolazione di Gaza, ormai stremata dagli attacchi e dalla fame. Nel corso di questo cessate il fuoco saranno liberati a scaglio gli ostaggi, allentando le pressioni sul governo israeliano. Tutti gli occhi sono puntati in Qatar, mentre Hamas lancia allarmi su possibili rappresagli di Israele.

Israele potrebbe sfruttare il momento per compiere omicidi mirati, arresti e tentare di liberare ostaggi, prigionieri nella Striscia da 638 giorni, circa 20 su 50 ancora in vita“, hanno dichiarato i vertici dell’organizzazione palestinese.

Secondo Hamas, infatti, questi saranno giorni piuttosto delicati proprio per la possibilità che scatti la tregua. Intanto, a Gaza si continua a morire: nelle ultime 24 ore nella Striscia sono stati almeno 70 i decessi a causa di attacchi israeliani. L’Idf, però, sottolinea che i raid hanno colpito e ucciso decine di terroristi in diverse zone della Striscia e distrutto depositi di armi, lanciatori di missili e centri di comando delle fazioni armate palestinesi.

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