Gaza, Hamas accetta il piano per la tregua ma con lievi modifiche: stop alle bombe per 60 giorni

Nel corso della tregua gli ostaggi saranno infatti rilasciati a scaglioni nell'arco dei 60 giorni. Il primo giorno ne verranno rilasciati 8 vivi, poi 10 deceduti entro un mese e gli altri due vivi saranno consegnati il 50mo giorno. In cambio del rilascio degli ostaggi israeliani, Israele libererà un numero concordato di detenuti palestinesi

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La guerra a Gaza è di nuovo vicina ad una svolta. Ormai da 21 mesi, il conflitto tra Israele e Hamas giunge vicino alla risoluzione, senza mai raggiungerla. Dopo la fine della guerra dei 12 giorni tra lo Stato ebraico e l’Iran, anche grazie all’intervento dell’esercito statunitense, il presidente Usa, Donald Trump, sembra ora interessato ad un cessate il fuoco nella Striscia.

Solo tre giorni fa, lo scorso 1 luglio, il Tycoon si è inserito nella questione annunciando che Israele avrebbe deciso di firmare l’intesa per il cessate il fuoco di 60 giorni a Gaza. “Ora è il momento che lo faccia anche Hamas“, ha dichiarato durissimo, sottolineando che l’organizzazione terroristica palestinese è l’unica che per il momento non vuole la pacificazione del territorio.

A quasi quattro giorni dall’annuncio, l’organizzazione islamica ha risposto, sostenendo di aver accettato la proposta del Piano Witkoff migliorato, anche se chiedendo alcune piccole modifiche che però non sembrerebbero sostanziali. Lo hanno riportato fonti della tv del Qatar Al Araby. Ancora una volta, la tregua potrebbe traballare a causa di improvvisi e irrisolvibili compromessi.

Per più di 36 ore, quindi, i palestinesi sono in attesa della risposta di Hamas. In gioco c’è la libertà del loro popolo e la riapertura dei valichi che permetterà a cibo e altri aiuti essenziali di tornare a circolare nella Striscia. Il Tycoon questa mattina aveva spiegato di aver ricevuto reazioni positive dall’organizzazione palestinese e che la risposta di Hamas sarebbe giunta entro 24 ore.

Secondo diverse fonti, il presidente Usa e il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, vorrebbero annunciare congiuntamente l’accordo nel corso del loro incontro di lunedì alla Casa Bianca.

Hamas apre alla tregua a Gaza: quali sono le sue richieste

Nella giornata di oggi, alcuni membri di Hamas hanno riferito all’emittente saudita “Al-Sharq” che il movimento islamista si mostra disponibile a un compromesso sul disarmo e al trasferimento di alcuni suoi agenti da Gaza. Si tratta appunto di due dei punti contenuti nella proposta Usa per una tregua di due mesi. Le stesse fonti hanno chiarito che l’organizzazione potrebbe decidere di accettare la tregua nel momento in cui fosse assicurato che verranno firmati anche accordi sugli aiuti umanitari e sull’istituzione di un meccanismo chiaro per il ritiro dell’esercito israeliano dalla Striscia.

Nello specifico, Hamas pretende aiuti umanitari che siano sufficienti per far funzionare forni e ospedali e che la loro distribuzione sia affidata all’Onu e la Mezzaluna rossa e non a organizzazioni private. Inoltre, il negoziato dovrà proseguire oltre il periodo di 60 giorni di cessate il fuoco previsto, ovvero fino al raggiungimento di un’intesa finale tra le due parti.

Da quanto si apprende, sembra che Hamas stia riflettendo anche sulle altre tre richieste giunte da Israele: rimuovere Hamas dal potere, disarmare Gaza e trasferire i responsabili dell’attacco del 7 ottobre al di fuori della Striscia. Le due parti dovranno poi affrontare la questione degli armamenti e la presenza di alti funzionari di Hamas nella Striscia.

L’organizzazione non ha mai specificato pubblicamente i punti dell’accordo che sta prendendo in considerazione, ma l’agenzia di stampa Maan, che è vicina al movimento al potere a Gaza ha spiegato che la proposta in discussione prevede una tregua di 60 giorni, il rilascio di 10 ostaggi, il trasferimento dei corpi di 18 ostaggi morti alla parte israeliana e il ritiro delle unità dell’esercito israeliano dietro la linea Morag – situata  tra le città di Rafah e Khan Younis.

Intanto, in attesa della risposta di Hamas, nella Striscia si continua a morire. Da ieri sono almeno 94 le vittime della guerra, dopo una raid contro una scuola rifugio e una sparatoria sui civili in fila per gli aiuti. Ad aggravare la situazione vi è il caldo torrido che ha invaso la regione e la mancanza di acqua. Anche a Gerusalemme cresce la tensione, con i parenti degli ostaggi non ancora liberati che spingono per un’intesa sulla fine della guerra, così da riportare a casa i loro famigliari ancora in vita.

Cresce la tensione in Israele

Gerusalemme non è immune alle tensioni di questo periodo. Il governo israeliano ha deciso di riunirsi sabato, nel corso del giorno sacro, per rispondere alle necessità della situazione attuale. Al centro delle discussioni vi sono le modalità con cui portare alla liberazione degli ostaggi. Resta infatti ancora da capire in che modo stilare la lista dei rapiti che devono essere rilasciati, ovvero chi rientrerà tra i primi dieci e chi nelle ondate successive.

Gli ostaggi saranno infatti rilasciati a scaglioni nell’arco dei 60 giorni. Il primo giorno ne verranno rilasciati 8 vivi, poi 10 deceduti entro un mese e gli altri due vivi saranno consegnati il 50mo giorno. In cambio del rilascio degli ostaggi israeliani, Israele libererà un numero concordato di detenuti palestinesi. Il processo avverrà parallelamente al rilascio degli ostaggi, senza cerimonie pubbliche, secondo un meccanismo concordato in anticipo

In questo senso, i mediatori avrebbero chiesto ad Hamas di consentire agli ostaggi ancora in vita di essere sottoposti a visita per verificare le condizioni fisiche e psichiche, e in base a questo si decida il rilascio di alcuni prima di altri. Inoltre, le prime fratture nel governo di Netanyahu sarebbero sempre più visibili. Il primo ministro sarebbe dovuto intervenire per uno scontro tra il capo dell’esercito israeliano e i membri dell’esecutivo Itamar Ben Gvir  e Bezalel Smotrich.

Netanyahu vorrebbe immediatamente un piano per lo sfollamento della Striscia, mentre il capo dell’esercito si sarebbe opposto, in quanto un’amministrazione militare non sarebbe in grado di gestire 2 milioni di persone. “Non sono disposto a lasciare lì Hamas in nessuna forma“, ha sentenziato quindi il premier, ribadendo che gli interessati debbano mettersi al lavoro per stipulare il piano per la liberazione di Gaza dai palestinesi.

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