Ahmed al-Louh era un cameramen della tv panaraba Al Jazeera che ieri è rimasto ucciso in un attacco aereo israeliano, verificatosi nella Striscia di Gaza centrale. Al-Louh non è il primo membro della stampa a morire nel corso del conflitto palestinese, eppure la sua morte sembrerebbe aver scosso i vertici dell’esercito israeliano, che hanno deciso di prendere le distanze dalle accuse a loro rivolte dai colleghi della vittima e di giustificare il loro atto.
Secondo l’Idf (Forze di difesa israeliane), il cameramen non era semplicemente un civile o un professionista sul campo, ma era un membro del gruppo terroristico della jihad islamica palestinese. L’esercito dello Stato ebraico, infatti, ha sostenuto in una dichiarazione che il raid, messo in atto con droni, ha preso di mira un gruppo di terroristi di Hamas e della Jihad islamica presso un centro di comando, con sede negli uffici dell’organizzazione di difesa civile di Gaza a Nuseirat.
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L’Idf ha quindi spiegato che tale struttura è stata utilizzata dai terroristi per pianificare ed eseguire attacchi terroristici contro le truppe delle forze di difesa israeliane. Il raid avrebbe quindi portato alla morte di diversi terroristi, tra cui lo stesso Ahmed al-Louh, accusato di aver prestato servizio in passato come comandante di plotone nella brigata centrale della Jihad islamica di Gaza.
Al Jazeera ha respinto ogni tipo di accusa portata avanti dallo Stato ebraico, sostenendo che il cameramen sarebbe stato ucciso in un attacco mirato, visto che Israele sarebbe abituata, secondo la tv panaraba, a prendere di mira i dipendenti della testata che sono al lavoro nella Striscia di Gaza.
Quello di al-Louh potrebbe non essere infatti un caso isolato. Già a gennaio Israele ha dichiarato che un giornalista di Al Jazeera e un freelance uccisi in un attacco aereo erano terroristi e il mese successivo ha accusato un altro giornalista ferito, sempre dipendente della tv, di essere vice comandante di compagnia di Hamas.
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