Trattative per Gaza a qualunque costo, anche a quello della rinuncia alla soluzione a due Stati. A dirlo è il vice presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Hussein al-Sheikh che, intervistato per Avvenire da Nello Scavo ha dichiarato: “Un’intesa con Israele? Dipendesse da me, la firmerei all’istante. E se ora gli israeliani respingono la formula dei due popoli in due Stati sono pronto ad accettare e siglare un accordo per uno Stato unico, nel quale tutti i cittadini abbiano uguali diritti. Con Gerusalemme capitale».
Nelle stesse dichiarazioni il riferimento di al-Sheikh alla possibilità di una mediazione offerta dal Vaticano, che sembra cominciare ad assumere un ruolo sempre più centrale negli equilibri diplomatici internazionali: “Leone XIV? Stiamo lavorando per incontrarlo presto. Siamo grati per le sue parole e per l’impegno della Chiesa“, ha detto il vice presidente dell’organizzazione.
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Ormai da tempo l’Anp sta facendo pressione su Hamas affinché lasci la Striscia permettendo così di andare a nuove elezioni, dopo le ultime, nel 2006, che hanno portato l’organizzazione islamista al potere. “Hamas deve rinunciare al controllo di Gaza, tutte le fazioni della Striscia devono consegnare le armi all’Autorità nazionale palestinese“, ha detto il presidente Abu Mazen pochi giorni fa nel suo discorso al vertice arabo di Baghdad, chiedendo anche il rilascio di tutti gli ostaggi e un cessate il fuoco permanente.
I rapporti dell’Anp con Hamas sono ormai ai ferri corti, soprattutto dopo i lavori del Consiglio centrale dell’Olp, convocati dal presidente Abu Mazen a Ramallah circa un mese fa. Il vertice ha segnato una rottura probabilmente definitiva con Hamas, che è stato accusato dal leader dell’Anp di “dare pretesti a Israele” ostinandosi a non consegnare gli ostaggi.
Oggi, con l’intensificazione delle operazioni su Gaza e dopo la promessa di Netanyahu di occuparla totalmente, il numero due dell’Istituzione Hussein al-Sheikh pone l’accento sulla necessità di trattative immediate con lo Stato ebraico. “Con l’attuale leadership israeliana non ho speranza che si possa costruire qualcosa. Ma non c’è alternativa alla prospettiva di un accordo“, ha ribadito. Tuttavia l’idea di rinunciare alla soluzione “due popoli due stati” rappresenta uno sviluppo ulteriore, forse sintomo della gravità della situazione a Gaza.
Non è la prima volta però che al-Sheikh propone un’apertura nei confronti di Israele. Già prima del 7 ottobre, nel 2022, aveva sostenuto che avviare un dialogo con lo Stato ebraico fosse l’unica soluzione possibile, cosa che gli aveva procurato già all’epoca diverse inimicizie, oltre che accuse esplicite, dirette anche all’Anp, di cooperare con gli occupanti.
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