La quiete prima della tempesta sta per scadere, come il tempo a disposizione per sciogliere il nodo dazi con gli Usa. Piena cooperazione su microchip e materie prime critiche, apertura all’acquisto di gnl americano, collaborazione per contenere l’asservità della Cina, sono le direttive chiare e concise di quella che potrebbe essere l’offerta dell’Unione europea su cui vige ancora il massimo riserbo.
Dopo aver assimilato il “profondo rammarico” per il nuovo colpo messa a tiro dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, su acciaio e alluminio, Bruxelles sceglie di rilanciare il dialogo con Washington evitando di cedere all’escalation dei dazi. Il raddoppio al 50% del tycoon ha colto “di sorpresa” Bruxelles e come ammesso anche dal Commissario Ue Maros Sefcovic, “non facilita i colloqui” alla luce di quelli che sembrano i primi segnali di apertura sul dossier.
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I negoziati sembrano comunque procedere “velocemente” e nella “giusta direzione”, considerando gli ultimi messaggi offerti da Sefcovic e dal rappresentante statunitense, Jamieson Greer che hanno seguito il vis à vis a Parigi.
Dall’altra sponda dell’Atlantico, i rispettivi team tecnici sono da tre giorni al lavoro per definire l’architettura di un’intesa da siglare entro lo scoccare della scadenza della tregua temporanea il 9 luglio. Nel caso in cui si verificasse lo scenario opposto, l’Europa è pronta a reagire con misure di ritorsione fino a 120 miliardi di euro.
Fin dal giorno zero, quel famoso 2 aprile oramai passato alla storia come il giorno in cui Trump ha deciso di iniziare una battaglia a suon di dazi, era lampante come, nella lettura del capo negoziatore Ue, l’Europa non fosse il bersaglio giusto da colpire su settori dei metalli industriali. “Le nostre esportazioni di acciaio e alluminio superano i 4 milioni di tonnellate, ma si tratta di materiali altamente specializzati, di cui l’industria americana ha bisogno“, ha ribadito il commissario dalla sede dell’Ocse, puntando il dito sulla vera origine della crisi che è incarnata nella sovraccapacità globale alimentata in gran parte dalla Cina.
In ogni caso, l’invito espresso da Sefcovic a Greer tiene il punto sull’evitare di intraprendere la strada dello scontro e “non colpirsi a vicenda“, nella convinzione ancora salda che le divergenze possano essere risolte “in modo amichevole“. Per le due economie che possono vantare la relazione commerciale più vasta al mondo, è stata la riflessione consegnata alla stampa dal commissario Ue, rassegnarsi a un fallimento senza “aver esplorato tutte le strade disponibili” non sarebbe una scelta “responsabile” e rischierebbe di comportarsi da effetto boomerang ben oltre l’Atlantico.
I “concreti progressi” che vengono decantati ultimamente, di certi, vedranno la loro realizzazione, o almeno si spera, non appena avverrà il bilaterale fondamentale: il faccia a faccia di Trump con la Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Un momento, da cui si spera possano nascere i termini necessari per raggiungere un’intesa che come ribadito a più riprese da Bruxelles, potrà vedersi maturare solo nel momento in cui le condizioni saranno favorevoli.
Al momento, l’auspicio è che tutto questo possa iniziare a sbloccarsi già a metà mese, quando si terrà il G7 a Kananaskis, per poi culminare in una possibile intesa il 24-25 giugno al vertice Nato all’Aja, o al Consiglio europeo nei giorni immediatamente successivi. Ciò che resta certo per l’Europa, è che l’accordo non sarà improntato sul modello britannico.
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