Non è utopia. Washington e Pechino hanno avviato e concluso i colloqui a Ginevra dei pesi massimi per cercare di calmare le acque nella guerra commerciale scatenata dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, portando ad uno dei migliori esiti immaginabili. Un confronto al più alto livello da quando lo scontro è iniziato con i dazi al ritorno dell’inquilino alla sua Casa Bianca.
È quindi arrivata a stretto giro la dichiarazione congiunta di Usa e Cina, all’insegna della franchezza e del vantaggio reciproco per le economie, oltre a riconoscere l’importanza delle loro relazioni economiche e commerciali bilaterali per entrambi i Paesi e per l’economia globale. Riflettendo sui recenti colloqui e ritenendo che il proseguimento delle discussioni possa contribuire ad affrontare le preoccupazioni di entrambe le parti nelle loro relazioni economiche e commerciali, Pechino e Washington hanno deciso di procedere “in uno spirito di reciproca apertura, comunicazione continua, cooperazione e rispetto“.
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Gli Stati Uniti hanno definito l’accordo con la Cina “una vittoria per il Paese, che dimostra l’incomparabile competenza del presidente Trump nel garantire accordi che portano vantaggi al popolo americano“. Secondo la Casa Bianca, l’intesa firmata a Ginevra porrebbe fine alle ingiustizie commerciali che gli Usa avrebbero subito in questi anni a causa dell’elevato deficit commerciale esistenze tra Washington e Pechino.
Tale successo sarebbe da implicare totalmente agli sforzi del presidente Trump che, per primo, ha adottato una posizione dura e intransigente nei confronti della Cina, al fine di proteggere gli interessi americani e fermare quelle che sono state ancora una volta definite “pratiche commerciali sleali“.
I due giorni di colloqui a Ginevra tra Usa e Cina
La due giorni ad alta tensione nella massima segretezza nella città svizzera, ha visto la partecipazione del Rappresentante per il Commercio statunitense, Jamieson Greer e del vice premier cinese He Lifeng e del Segretario al Tesoro statunitense, Scott Bessent, il quale ha definito i margini della svolta.
Effettivo e concreto, il cambiamento arriva con Cina e Usa “abbasseranno i loro dazi del 115%“, dopo aver concordato una sospensione per 90 giorni di parte delle misure tariffarie. Si tratta di un’intesa dettata dalla volontà di entrambe le parti di non arrivare a un “disaccoppiamento della due economie“, nella speranza statunitense come annunciato da Bessent, di vedere il Dragone più aperto ai beni americani.
E così, entro il 14 maggio, come impegno preso dalle due parti, nel dettaglio gli Stati Uniti “modificheranno l’applicazione dell’aliquota aggiuntiva ad valorem sui dazi doganali di origine cinese, sospendendo 24 punti percentuali di tale aliquota per un periodo iniziale di 90 giorni”, mentre sarà mantenuta la restante aliquota ad valorem del 10% su tali articoli.
Da parte sua, la Cina, modificherà di conseguenza l’applicazione dell’aliquota aggiuntiva ad valorem sugli articoli degli Stati Uniti, applicando una sospensione di “24 punti percentuali di tale aliquota per un periodo iniziale di 90 giorni e mantenendo al contempo la restante aliquota aggiuntiva ad valorem del 10% su tali articoli“. Dopo aver adottato le misure concordate, “le parti istituiranno un meccanismo” per proseguire le discussioni sulle relazioni economiche e commerciali.
Usa: “Accordo produttivo, non ci sono divergenze così grandi”
Questi primi negoziati, definiti dalla Cina “un passo importante per promuovere la risoluzione della controversia” sono stati sospesi nel tardo pomeriggio di ieri e hanno ripreso questa mattina. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sembra soddisfatto delle modalità con cui i colloqui sono stati portati avanti. “Un totale reset delle relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina negoziato in modo amichevole, ma costruttivo“, ha infatti scritto il Tycoon su Truth, annunciando inoltre la presenza di progressi importanti sul tema.
“Il contatto stabilito in Svizzera è un passo importante per promuovere la risoluzione del problema“, ha poi confermato il vice primo ministro cinese He Lifeng, senza però esprimersi sugli effettivi accordi raggiungi ieri. La seconda tornata di colloqui, svoltasi oggi, si sarebbe rivelata altrettanto positiva. Lo hanno confermato il Segretario al Tesoro Scott Bessent e il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti Jamieson Greer, secondo cui oggi sarebbero stati compiuti “sostanziali progressi” e sarebbe nata la consapevolezza che al momento le “divergenze tra Usa e Cina non sono così grandi“.
Dazi, Trump tastava il terreno cinese
I toni si era abbassati già venerdì, quando Trump ha teso la mano proponendo di abbassare all’80% le tariffe di piombo imposte sui prodotti cinesi, nella speranza di ricucire, o almeno imbastire, i rapporti con la Cina. Una sorta di tastare il terreno da parte del tycoon in vista del colloqui avviati oggi.
Il Presidente a stelle e strisce non ha specificato se la riduzione dal 145% all’80% dei dazi sui prodotti cinesi possa essere quella definitiva o se si tratterà di uno status provvisorio. Secondo diversi media americani l’amministrazione starebbe pensando di tagliare i dazi a Pechino in modo molto più sostanzioso. Un primo gesto è stato avanzato da Washington, nella speranza di una reciproca riduzione tariffaria da parte del Dragone che, a sua volta, ha imposto un duro 125% sui beni americani.
La Cina, infatti, che era già soggetta ad una tariffa del 20%, è stata colpita con un altro 34% subito e con un ulteriore 90% dopo la sua reazione in questo mese e mezzo che i dazi trumpiano esistono. Pechino ha insistito sul fatto che gli Stati Uniti devono eliminare i dazi “per primi” e ha ribadito di difendere i propri interessi. Trump però rimarca il punto dichiarando che “non abbasserà unilateralmente le tariffe sulla Cina. Abbiamo bisogno di vedere anche delle concessioni da parte loro“, ha avvertito la sua portavoce, Karoline Leavitt.
Il passo statunitense rimane simbolico, considerando che le tariffe di questo livello sarebbero comunque insostenibili per la maggior parte delle esportazioni cinesi negli Stati Uniti. Il presidente Usa, imponendo una sovrattassa del 145% sulle merci provenienti dalla Cina, in aggiunta alle tariffe preesistenti, ha messo Pechino nelle condizioni di dover agire e rispondere. Infatti, immediata era stata la promessa di combattere le sovrattasse statunitensi “ad oltranza”, con tariffe del 125% sui prodotti americani.
Il vis à vis è quindi “un passo positivo e costruttivo verso la distensione“, come ha dichiarato il direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), Ngozi Okonjo-Iweala alla vigilia dei colloqui. Per il Ministro dell’Economia del Paese ospitante, Guy Parmelin, è già “un successo” che “le due parti si parlino“.
Il vicepremier cinese però sembra arrivare ai colloqui con un asso nella manica. Venerdì scorso, Pechino ha annunciato un aumento dell’8,1% delle esportazioni ad aprile, un dato quattro volte superiore alle previsioni degli analisti, ma l’export verso gli Stati Uniti è diminuito di quasi il 18%. Credendo ai cinesi, sono stati anche gli americani a chiedere queste discussioni.
I possibili risultati dei colloqui
Tra i possibili scenari che si verranno a creare uscendo dal bilaterale Cina-Usa sui dazi, potrebbe figurare un accordo per sospendere la maggior parte, se non tutte, le tariffe imposte. Come ci si aspetta un potenziale gesto simbolico e temporaneo, che potrebbe allentare le tensioni, ma non risolvere i disaccordi fondamentali.
Anche a livello “pratico” infatti le cose si starebbero tessendo. Donald Trump vuole incontrare il suo omologo Xi Jinping, per raggiungere un accordo con lui e poi far sì che i
loro subordinati si occupino dei dettagli, mentre i cinesi sembra vogliano che tutte le questioni siano risolte prima di un incontro” tra i due presidenti.
A detta di Bloomberg, l’obiettivo di Trump sarebbe arrivare sotto il 60%, mentre secondo quanto hanno riferito fonti informate al Washington Post, l’amministrazione potrebbe arrivare al 54-50%. La strategia del tycoon, sembra articolarsi su due fronti. Un primo livello circa un dazio base del 10% su tutte le importazioni negli Stati Uniti provenienti da qualsiasi Paese, ed un secondo riguardante i cosiddetti “dazi reciproci“, che sono stati applicati a circa 60 paesi del globo.
La tariffa base, ha ribadito la portavoce Leavittt, “resterà per tutti“. Bessent intanto ha tenuto basse le aspettative, affermando che gli incontri in Svizzera si concentreranno sulla “de-escalation” e non su un “grande accordo commerciale“.
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