Le operazioni umanitarie nella Striscia di Gaza sono sull’orlo del collasso. A denunciare la problematica è il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), che oggi ha diffuso un comunicato da Ginevra: “Se gli aiuti non riprenderanno immediatamente, non avremo più cibo, medicine e beni essenziali per continuare molti dei nostri programmi“.
Dopo sei settimane di intense ostilità e due mesi di blocco totale, la popolazione civile è ridotta allo stremo. Ma la crisi si aggrava anche in mare, dove una nave della Freedom Flotilla è stata attaccata da un drone in acque internazionali.
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Un attacco in acque internazionali
La “Conscience“, nave della coalizione filopalestinese Freedom Flotilla, è stata colpita da un drone mentre si trovava a 14 miglia dalla costa di Malta, in acque internazionali.
A dare la notizia è stata la stessa Ong su X: “Alle 00:23 ora maltese, una nave della Freedom Flotilla è stata oggetto di un attacco con droni. La parte anteriore dell’imbarcazione è stata colpita due volte” afferma.
L’imbarcazione trasportava 30 attivisti diretti a Gaza e l’attacco ha causato un incendio e una falla nello scafo. Secondo la portavoce della coalizione Yasemin Acar: “La nave sta affondando“.
Nazioni Unite e Croce Rossa sotto attacco economico
A Ginevra, centinaia di dipendenti della Nazioni Unite sono scesi in piazza contro i tagli massicci al bilancio imposto dagli Stati Uniti. “Difendiamo l’umanità“, recitavano i cartelli davanti al Place des Nations, sede europea dell’organizzazione.
Le proteste hanno coinvolto il personale di agenzie Unhcr, Oim, Wfp e Unicef, duramente colpite dal congelamento degli aiuti esteri e del diradamento di Usaid deciso dall’amministrazione Trump.
Secondo i sindacati del personale, il Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) vuole ridurre fino al 30% il proprio personale a livello globale. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) ha annunciato il licenziamento di oltre 6.000 persone, cioè più di un terzo della forza lavoro. Il Programma Alimentare Mondiale (Wfp/Pam) prevede un decremento dei collaboratori a livello internazionale del 25-30%.
Purtroppo, non finisce qui. Migliaia di posti sono a rischio anche presso l’Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari (Ocha), l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), l’Unaids e molte altre agenzie. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil) dovrà rinunciare a quasi 1 lavoratore su 10, mentre l’Unicef, punto di riferimento per la protezione dell’infanzia, subirà riduzioni del 20% del proprio bilancio.
Queste misure stanno mettendo a rischio la capacità dell’intero sistema umanitario globale di rispondere a emergenze in corso a Gaza, in Ucraina, Birmania e Sudan.
L’ombra degli ostaggi a Gaza
Continua la confusione sul numero degli ostaggi israeliani ancora vivi a Gaza. Il presidente Trump ha affermato che potrebbero essere meno di 24 su 59, cifra già contestata dalla moglie del primo ministro Netanyahu. Lui, infatti, ha parlato di “fino a 24” ostaggi.
A rendere più complesso il quadro sono le divergenze interne alla leadership israeliana sugli obiettivi della guerra. Secondo quanto riportato dal Times of Israel, l’esercito israeliano (IDF) considera come priorità assoluta il recupero degli ostaggi: “La restituzione degli ostaggi è il nostro dovere morale e la missione suprema“, ha dichiarato l’IDF in una nota ufficiale.
Tuttavia, per il primo ministro Benjamin Netanyahu, l’obiettivo finale resta la sconfitta totale di Hamas. Questa divergenza tra strategia militare e visione politica contribuisce a una crescente incertezza sul destino degli ostaggi.
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