Il fragile accordo di tregua tra Israele e Hamas, entrato in vigore il 19 gennaio scorso, ha visto concludersi lo scambio tra quattro ostaggi israeliani e circa 200 prigionieri palestinesi. Ma proprio mentre l’operazione è in fase di completamento, l’accordo ha iniziato a scricchiolare.
Israele aveva accusato Hamas di aver compiuto due violazioni dell’accordo che avrebbe provocato il rifiuto di consentire il ritorno degli sfollati palestinesi a Nord della Striscia. Il primo errore riguarderebbe la mancata liberazione di una donna civile tenuta in ostaggio. Infatti, stando a quanto reso noto dall’ufficio del primo ministro israeliano, Arbel Yehud sarebbe dovuta essere rilasciata sabato. Una fonte dell’organizzazione terroristica palestinese ha così annunciato che la donna sarà rilasciata nell’ambito del terzo scambio programmato per sabato prossimo. Una decisone che non è, infatti, stata ben accettata dagli israeliani.
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Il secondo errore commesso da Hamas, secondo Israele, è la mancata presentazione da parte del movimento palestinese, dell’elenco dettagliato delle condizioni degli ostaggi, vivi o morti, che dovrebbero essere rilasciati nel corso della seconda fase dell’intesa. Hamas avrebbe quindi, violato l’accordo di cessate il fuoco a Gaza per la seconda volta questa notte, quando avrebbe dovuto comunicare a Israele, entro la fine della giornata, quali dei restanti 26 ostaggi, tutti appartenenti alla categoria “umanitaria”, ossia donne, bambini, anziani e infermi, sono vivi.
Quindi, le due violazioni dell’intesa, secondo il portavoce arabo dell’esercito israeliano, Avichay Adraee, hanno vietato l’accesso al corridoio Netzarim nella parte settentrionale della Striscia di Gaza, che rimarrà chiuso finché i mediatori non troveranno un accordo.
Ora invece, Hamas ha confermato che libererà sei ostaggi israeliani tra cui “prima di venerdì”, la civile Arbel Yehud, il cui mancato rilascio aveva fatto scricchiolare l’accordo di tregua con Israele. Inoltre, il Movimento palestinese ha consegnato la lista degli ostaggi aggiornata delle informazioni sulle loro condizioni da cui emerge che 8 dei 33 sequestrati, il cui rilascio è previsto nella prima fase del cessate il fuoco, sono morti. Il portavoce del governo David Mencer ha però assicurato che gli altri 25 sono vivi.
Quindi, stando a quanto dichiarato da un funzionario della sicurezza di Gaza, più di 200.000 sfollati sono tornati a piedi a Nord della Striscia nelle due ore successive all’apertura del valico. Per “agevolare gli sfollati“, il governo di Gaza ha impiegato più di 5.500 persone e secondo le stime effettuate, la popolazione di Gaza City e del distrutto Nord avrà bisogno di 135.000 tende e roulotte per poter tornare alle proprie case.
“Il passaggio dei palestinesi sfollati è iniziato lungo la strada do Al Rachid attraverso la parte occidentale del checkpoint di Netzarim verso Gaza City e la parte settentrionale“, ha affermato Hamas mentre il loro alleato della Jihad islamica ha definito l’attraversata come “una risposta a tutti coloro che sognano di sfollare il nostro popolo“.
Si è trattato comunque di un diverbio che di certo non fa altro che alimentare il clima teso e incerto in cui si dovranno affrontare i successivi passaggi previsti dell’accordo. La seconda fase riguarderà i negoziati necessari per una auspicata permanente fine della guerra, ma la formula multifase su cui è stato costruito l’accordo e la profonda sfiducia esistente tra le due parti, secondo gli analisti renderebbero il cessate il fuoco più precario che mai.
Durante questa prima fase, della durata di sei settimane, è prevista la liberazione di 33 ostaggi in vari scaglioni in cambio di circa 1.900 detenuti palestinesi. Per il momento, grazie all’accordo raggiunto si è riusciti a rilasciare un totale di 7 ostaggi e 289 carcerati palestinesi, oltre a un prigioniero giordano liberato da Israele.
La soluzione di Trump “incoraggia i crimini di guerra“
C’è chi, invece, avrebbe già pensato alla soluzione definitiva per porre fine alla guerra a Gaza. Donald Trump, infatti, avrebbe proposto di trasferire i cittadini palestinesi in Egitto e in Cisgiordania con l’obiettivo di “ripulire tutto” e “svuotare” così la Striscia di Gaza e permettere al popolo palestinese di vivere finalmente in pace. Questa ipotesi però non è stata accolta positivamente dalla Jihad islamica palestinese. Difatti, il Movimento jihadista, che ha combattuto contro Israele insieme ad Hamas fino al cessate il fuoco del 19 gennaio, riconduce la “deplorevole” idea del presidente americano “nel quadro dell’incoraggiamento ai crimini di guerra e ai crimini contro l’umanità, costringendo – tra l’altro – il popolo a lasciare la propria terra“.
Il valico di Rafah e la missione EUBAM
Contemporaneamente a quanto sta accadendo a Gaza, si sta portando avanti la missione europea EUBAM presso il valico di Rafah, la frontiera internazionale tra l’Egitto e la Striscia di Gaza. L’incarico ha lo scopo di rafforzare la capacità delle autorità e delle agenzie libiche affinché si possa lottare contro il terrorismo, gestire le frontiere del paese nonché combattere la criminalità transfrontaliera, compresi la tratta di essere umani e il traffico di migranti. Il fine ultimo, inoltre, è di cercare fiducia tra il governo di Israele e l’Autorità palestinese ed è stata sospesa dopo lo scoppio delle ostilità, che sarà infatti ripristinata con l’arrivo della tregua.
“A breve partiranno i carabinieri italiani per prendere parte alla missione militare europea presso il valico di Rafah, tra Gaza ed Egitto“, spiega il ministro degli Esteri, Antonio Tajani a margine del Consiglio Esteri. “E’ un impegno europeo molto importante – continua entusiasta il vicepresidente del Consiglio dei Ministri – e anche un impegno dei nostri carabinieri che sono sempre stati presenti prima a Gerico, per l’addestramento della Polizia dell’Autorità Nazionale Palestinese“.
L’Italia, difatti, secondo Tajani, sarebbe pronta ad essere sempre più presente in Medio Oriente, da un punto di vista politico, ma anche con una presenza dei nostri militari in Palestina.
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