In Ucraina, nonostante le numerose difficoltà, gli sforzi della diplomazia umanitaria hanno aperto canali cruciali per ottenere la restituzione dei minori trasferiti illegalmente in Russia. Queste operazioni, estremamente delicate, sono condotte con grande riservatezza per non compromettere i fragili equilibri e le linee di comunicazione esistenti. Uno dei mediatori ucraini, attivo su più fronti, ha sottolineato: “C’è chi vorrebbe dare pubblicità a quello che facciamo, ma così come per lo scambio di prigionieri, serve silenzio e cautela per non chiudere le linee di comunicazione e dover rifare tutto daccapo“.
Missione Zuppi: alcuni successi ma manca molta strada
La missione affidata dal Pontefice al presidente della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), il cardinale Zuppi, aveva l’obiettivo di facilitare il recupero dei minori, aprendo spiragli di dialogo tra Mosca e Kiev. Le autorità ucraine denunciano la sparizione di circa 20.000 bambini dall’inizio del conflitto. Secondo i dati riportati da Avvenire, 388 minori sarebbero rientrati in Ucraina. Di questi, 356 sono stati recuperati grazie all’organizzazione umanitaria Save Ukraine, che continua a mediare su ogni singolo caso.
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Ogni negoziazione con le autorità russe coinvolge una molteplicità di soggetti, ciascuno operante nella propria sfera di influenza. Data l’enorme quantità di minori ancora da rintracciare e la complessità delle operazioni, nessuno dei vari attori del progetto festeggia o rivendica i successi. A Kherson, per esempio, gli operatori umanitari riescono a entrare in contatto con le autorità di occupazione in Crimea, stabilendo i passi necessari per la restituzione dei bambini.
Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e il cardinale Matteo Zuppi, hanno ribadito che la missione di pace deve favorire un clima propizio a percorsi di restituzione dei bambini. “La missione di pace affidata dal Papa al cardinale Matteo Zuppi dovrà cercare soprattutto di favorire un clima, un ambiente che possa portare a percorsi di pace“, ha affermato Parolin.
Russia: Il lavaggio del cervello dei bambini ucraini
Maria Llova-Belova, commissaria all’Infanzia del presidente Putin, sostiene che i minori sono stati allontanati dall’Ucraina per proteggerli dalla guerra. Tuttavia, questa motivazione viene utilizzata come leva per convincere Mosca a restituire i bambini, dimostrando che non vi è alcuna ragione per trattenerli se possono essere portati fuori dalle aree di conflitto. Questa chiave di negoziazione ha dato risultati, sebbene i numeri ufficiali possano sembrare scoraggianti. Secondo le informazioni raccolte da Avvenire, un certo numero di minori è tornato in Ucraina per vie informali, grazie alla pressione esercitata sulle autorità locali russe che li avevano presi in consegna. Tuttavia, la strada da percorrere è ancora lunga e in molti casi si tratta di lottare contro il tempo.
Il New York Times ha pubblicato un’inchiesta che ha permesso di individuare la collocazione di alcuni bambini molto piccoli, prelevati quando erano neonati e poi fatti adottare da famiglie russe. Mosca non ha commentato l’inchiesta, che aggrava la posizione giudiziaria di Putin e Llova-Belova. Recentemente, Kiev ha segnalato che centinaia di adolescenti ucraini vengono addestrati dalle forze russe per un futuro impiego in combattimento. Lo scorso anno, erano stati identificati alcuni comandanti ceceni, noti per i crimini commessi a Mariupol all’inizio del conflitto, incaricati di “rieducare” i giovani ucraini in una caserma di Grozny per un loro successivo arruolamento.
Secondo ricerche di varie Ong, confermate dal New York Times, gli adolescenti subiscono un vero e proprio lavaggio del cervello, necessario per alleggerire le responsabilità dei funzionari russi, i quali sono pronti a sostenere che i ragazzi hanno scelto liberamente di sostenere la causa di Mosca. Questi metodi di indottrinamento sollevano ulteriori preoccupazioni circa le violazioni dei diritti umani e aggiungono ulteriori ostacoli alla già complessa missione di recupero dei minori.
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