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Attentato Manchester, l’aggressore della Sinagoga si era ispirato all’Isis

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E’ il 2 ottobre quando una sinagoga ortodossa di Manchester finisce nel mirino di un terrorista che decide di dar vita ad una sparatoria contro i fedeli per poi appiccare il fuoco all’edificio. La trama della vicenda si fa sempre più fitta e le indagini cercano ogni giorno di sciogliere un nodo per riuscire a ricostruire in modo lineare l’intero attacco.

Chiaramente tra le prime questioni su cui far luce figura proprio l’aggressore e il suo ruolo. L’attentatore, ucciso la settimana scorsa nell’attacco di Yom Kippur, è un 35enne britannico di origine siriana Jihad Al-Shamie, e secondo le ultime indagini si era avvicinato negli ultimi tempi alle idee dell’Isis, dichiarando la sua fedeltà al gruppo terroristico. Si tratta di un nuovo scenario emerso dagli ultimi sviluppi raggiunti grazie anche all’esame della memoria del suo computer.

La Greater Manchester Police ha però specificato che per il momento, elementi a sostegno di legami concreti dell’uomo con l’Isis o con altri gruppi organizzati. Al contempo, non sono mancati indizi su una radicalizzazione più o meno recente. Ma ciò che ha fatto effettivamente sospettare gli investigatori di questa posizione estremista dell’attentatore, sarebbe stata una telefonata che hanno definito “sinistra”. Solo oggi è emerso il contenuto della chiamata, e sarebbe stata effettuata da Shamie in persona al 999, il numero d’emergenza britannico equivalente al 113, alcuni istanti prima dell’attacco. In questa telefonata, il 35enne dichiarava la sua adesione e annunciava esplicitamente di voler uccidere dei fedeli ebrei “in nome dello Stato Islamico“.

Insomma, a tutti gli effetti un dato che non poteva passare in sordina. La Greater Manchester Police ha precisato comunque di star ancora indagando “sui moventi” esatti del sanguinoso attacco che ha causato la morte di due membri della comunità ebraica locale e nel ferimento di alcuni altri, così come nell’uccisione da parte di agenti armati dello stesso assalitore.

Al contempo però la polizia non è riuscita a negare il contrario: secondo il profilo emerso nei giorni scorsi, Jihad Al-Shamie non risulta essere mai stato individuato dai radar dell’antiterrorismo in passato. Ma era stato fermato di recente in seguito a una denuncia di violenza sessuale, salvo essere rilasciato su cauzione.

In merito ai dettagli della sua vita privata, gli investigatori hanno costruito un identikit che racchiude la sua emigrazione da ragazzino nel Regno, con cittadinanza britannica dal 2006 e risulta essere uno dei tre figli di un medico siriano, e sarebbe fuggito dal suo Paese d’origine all’epoca del regime di Assad, più tardi combattuto anche dal’Isis e impegnatosi anni fa in missioni sanitarie in zone di guerra come il Sud Sudan per conto di alcune Ong.

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