La politica economica protezionistica del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, continua ad emanare i suoi effetti negativi sui mercati a suon di squilibri ed incertezze. La Commissione europea ha preso atto di un probabile rallentamento della congiuntura europea e internazionale nel 2025, rivedendo quindi al ribasso le stime sul Pil dell’Eurozona.
L’esecutivo Ue ha infatti presentato oggi le proiezioni economiche di primavera, e il Pil della zona euro dovrebbe attestarsi allo 0,9% nel corso del 2025, 0,4 punti percentuali in meno di quanto previsto nelle previsioni economiche dello scorso 15 novembre. Nella stessa prospettiva al ribasso, sono state riviste anche le previsioni per il 2026, quando l’Eurozona dovrebbe attestarsi all’1,4% contro l’1,6% previsto a novembre.
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E l’Ue non sfugge a questo calo, vedendosi passare dall’1,5% all’1,1% per quanto riguarda il 2025 e dall’1,8% all’1,5% in merito al 2026.
“L’economia europea sta dimostrando capacità di resilienza in presenza di forti tensioni commerciali e di un aumento dell’incertezza globale – ha spiegato in un comunicato il commissario all’Economia, Valdis Dombrovskis, pubblicando il rapporto odierno -. Ciò detto, non possiamo permetterci di essere compiacenti. I rischi economici restano inclinati verso il basso, quindi l’Unione europea deve intraprendere un’azione decisiva per rilanciare la sua competitività“.
Nel dettaglio per Paese, le stime di Bruxelles fotografano un’Unione colpita da tensioni commerciali globali innegabili, pressioni fiscali interne e condizioni di finanziamento più ruvide, ma con segnali di “resilienza” legati alla domanda interna, alla tenuta dell’occupazione e al sostegno dei fondi europei.
Cosa significa per l’Italia
Il fronte italiano è tendenzialmente peggiore di quello relativo alla zona euro, fra i Paesi maggiori, l’Italia viene infatti rivista al ribasso di 0,3 punti percentuali per il 2025, passando dall’1% allo 0,7%, e dall’1,2% allo 0,9% nel 2026.
Sul versante della crescita, le previsioni italiane strappano, anche se cauto, un respiro di sollievo. Sono di un + 0,7% nel 2025 e di un + 0,9% nel 2026 (in novembre le stime erano rispettivamente dell’1,0 e dell’1,2%). Come detto, il disavanzo in calo dovrebbe scendere sotto al 3% del PIL nel 2026 (al 2,9%). Viceversa, il debito pubblico dovrebbe continuare ad aumentare, dal 135,3% del PIL nel 2024 al 136,7% nel 2025 fino a salire al 138,2% nel 2026. A titolo di confronto il debito francese dovrebbe aumentare dal 113,0 (2024) al 118,4% (2026).
Sempre secondo la Commissione europea, la pressione fiscale in Italia dovrebbe aumentare marginalmente, di 0,1 punti percentuali del PIL, anche a causa della sostituzione del taglio del cuneo fiscale del 2024 con un nuovo bonus per le famiglie a basso reddito. Rispetto al recente passato, la politica economica in atto del governo italiano è apprezzata dai commissari europei perché improntata sulla prudenza, al netto dell’incremento del debito.
Gli altri Paesi dell’Ue
Male la Germania. La Commissione europea prevede una stagnazione nel 2025, quando la crescita prevista si attesta allo 0%, rivista al ribasso di ben 0,7 punti rispetto alle previsioni economiche dello scorso autunno. Per il 2026, Berlino dovrebbe poi tornare a crescere dell’1,1%, un dato comunque minore dell’1,3% previsto a novembre. Va un po’ meglio alla Francia, che vede le stime sul Pil ridotte dello 0,2% per il 2025 – dallo 0,8% allo 0,6% – e dello 0,1% per il 2026, dall’1,4% all’1,3%.
Stime riviste al ribasso nel 2025, invece, per la Spagna, per la quale la Commissione europea prevede una crescita del Pil del 2,6% per quest’anno, contro il 2,3% previsto a novembre. Leggero calo invece per quanto riguarda le previsioni per il prossimo anno, date al 2% contro il 2,1% previsto in autunno.
Sul fronte delle crescite, la Germania, tradizionalmente considerata locomotiva dell’Eurozona, si conferma l’anello debole. Dopo due anni di lieve contrazione, infatti, l’economia “è attesa sostanzialmente stagnante nel 2025“. Le esportazioni saranno fortemente penalizzate dalle tensioni commerciali globali, mentre i consumi privati cresceranno leggermente grazie al recupero del potere d’acquisto e ai tassi d’interesse in
calo.
Gli investimenti resteranno bloccati, rallentati da condizioni finanziarie restrittive e un sentimento economico negativo legato all’elevata incertezza. Solo nel 2026 si prevede una ripresa più concreta (+1,1%), trainata da consumi e da un graduale recupero degli investimenti. Il deficit pubblico resterà elevato, mentre il debito salirà al 64,7% del Pil entro il 2026.
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