Nessuna fretta, nessuna promessa. Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha gettato acqua sul fuoco delle aspettative di un imminente taglio dei tassi. Intervenendo al Forum della Banca Centrale Europea a Sintra, ha spiegato che l’inflazione, pur scesa al 2,3%, resta sotto osservazione, specie alla luce dei nuovi dazi commerciali introdotti dall’amministrazione americana.
“Quando abbiamo visto le dimensioni dei dazi – ha dichiarato – ci siamo messi in attesa. Le previsioni sull’inflazione sono salite. Serve più tempo per capire. La scelta più prudente ora è aspettare“. Tradotto: niente mosse affrettate da parte della banca centrale statunitense. E ancor meno certezze sul “quando”.
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Il riferimento è ai nuovi dazi introdotti dagli Stati Uniti, nell’ambito del più ampio riassetto dei rapporti commerciali con l’Unione Europea, formalizzato in un recente accordo che ha riacceso le tensioni e l’attenzione della Fed sui possibili effetti inflattivi.
Tassi: luglio resta un’incognita
Alla domanda su un possibile taglio già a luglio, Powell ha glissato con diplomazia: “Non posso mettere o togliere un mese dal tavolo. Dipenderà dai dati su inflazione e mercato del lavoro. Una maggioranza del comitato pensa che sarà il momento entro fine anno, ma vedremo.”
Parole che suonano come un freno alle aspettative dei mercati, sempre in cerca di segnali espliciti. Ma Powell resta fedele alla linea della prudenza e dei dati, senza scadenze scolpite nel marmo.
Trump, le pressioni e la Fed “concentrata”
Non poteva mancare un riferimento all’ex presidente – e ora di nuovo candidato – Donald Trump, che non ha mai nascosto la sua antipatia per la gestione Powell. Eppure il numero uno della Fed ha tagliato corto: “Sono concentrato al 100% sul nostro mandato: piena occupazione, stabilità dei prezzi e stabilità finanziaria. Questo è il nostro lavoro” Un modo elegante per dribblare le polemiche e ribadire l’indipendenza dell’istituzione monetaria, in un anno elettorale in cui tutto, e soprattutto l’economia, è destinato a politicizzarsi.
Debito Usa: il problema che nessuno vuole affrontare
E a proposito di elezioni e promesse costose, Powell ha commentato anche la questione del debito federale, finendo per strappare qualche risata (amara) alla platea. “Il livello del debito è sostenibile, ma la sua direzione no. Va affrontato. Prima o poi. Meglio prima.” Una stoccata non troppo velata al cosiddetto “Big Beautiful Deal” di Trump, che secondo le stime potrebbe aggiungere oltre 2.300 miliardi di dollari di nuovo debito nel prossimo decennio.
Quanto alla sua permanenza alla guida della Fed, la cui presidenza scadrà tra 10 mesi, Powell è rimasto ermetico: “Non ho niente da dirvi su questo oggi”.
Chi si aspettava annunci, insomma, resterà deluso. Ma Powell ha ribadito ciò che davvero conta: la Fed non gioca d’anticipo né d’azzardo. E in un contesto globale incerto, tra dazi, tensioni geopolitiche e fiammate elettorali, la pazienza – almeno per ora – resta l’unico tasso stabile.
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