Petrolio, boom dei prezzi dopo minacce allo Stretto di Hormuz: cosa rischia l’Italia?

"Rischiamo un 20% di gas e un 30% di petrolio in meno", ha sostenuto il ministro dell'Ambiente Pichetto Fratin, chiarendo che da un lato il Paese riuscirebbe a sostituire il flusso che verrebbe a mancare, ma al contempo pagherebbe l'aumento del prezzo, dovuto in parte anche una "cattiva speculazione"

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L’attacco degli Stati Uniti all’Iran e la minaccia del governo di Teheran di chiudere lo Stretto di Hormuz (dov’è e perché è così importante) hanno provocato una serie di conseguenze economiche che a molti non appariranno come una sorpresa. Il prezzo del petrolio, materia prima fondamentale per tutte le Nazioni sviluppate, ha registrato un’impennata piuttosto preoccupante, che potrebbe segnare l’inizio di una crisi dei carburanti non indifferente.

Già all’inizio del conflitto tra Israele e Iran il Brent, ovvero il petrolio greggio estratto dal Mare del Nord che funge da punto di riferimento per i mercati petroliferi europei, africani e mediorientali, aveva registrato un leggero aumento sul mercato, figlio dell’incertezza. Al momento, infatti, non è chiara la durata del conflitto, né quale sarà il suo esito.

I mercati risentono della mancanza di certezze, in particolare se legata ad un conflitto appena scoppiato e dalle conseguenze non definite. Il pericolo principale ora riguarda le possibili difficoltà di approvvigionamento del petrolio, nel caso in cui Teheran dovesse davvero procedere alla chiusura dello Stretto di Hormuz. In questa piccola ma fondamentale striscia di mare transitano quotidianamente 20 milioni di barili di carburanti. L’interruzione di questo passaggio, dunque, creerebbe danni al momento non quantificabili.

Petrolio, l’avvertimento di Pichetto Fratin: “In caso di emergenza l’Italia userà mezzi straordinari”

L’Italia quanto sarà influenzata dalla questione mediorientale? A questa domanda ha provato a garantire una risposta Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e delle Risorse energetiche, in un’intervista a La Verità. Secondo il titolare del Mase, l’Italia non sarà immune alle conseguenze di questo conflitto. “Rischiamo un 20% di gas e un 30% di petrolio in meno“, ha sostenuto, chiarendo che da un lato il Paese riuscirebbe a sostituire il flusso che verrebbe a mancare, ma al contempo pagherebbe l’aumento del prezzo, dovuto in parte anche una “cattiva speculazione“.

Nel caso in cui lo Stretto di Hormuz dovesse effettivamente essere chiuso, allora l’Italia dovrebbe prepararsi all’utilizzo di strumenti straordinari. L’obiettivo è ovviamente quello di evitare che il Paese vada incontro ad una crisi dei carburanti. Il ministero è quindi al lavoro su una duplice soluzione. Si riflette sulla possibile di ricorrere al bilancio dello Stato e sul disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’elettricità, al fine di tenere sotto controllo i prezzi in bolletta.

Non si escludono neanche azioni volte a proteggere i consumatori dai bruschi sbalzi del mercato, così come a fornire alle imprese sconti sui prezzi, con modalità di restituzione nei decenni successivi. L’ipotesi della creazione di un mercato europeo, invece, risulta più complessa, in quanto i Paesi si trovano a vivere situazioni diverse e di conseguenza desiderano adottare soluzioni più specifiche e risolutive per le loro problematiche.

Il rialzo dei prezzi del petrolio dopo l’attacco Usa all’Iran

Tornando al rialzo dei prezzi del greggio, dopo l’attacco degli Stati Uniti all’Iran questo è aumentato prima del 4%, per poi pian piano rientrare. Sui circuiti asiatici il Brent ora passa di mano a 77,90 dollari al barile, con un aumento dell’1,16%, mentre i future sul WTI avanzano dell’1,18% a 74,71 dollari. Secondo le stime di Goldman Sachs, il Brent potrebbe arrivare a toccare un picco di 110 dollari al barile, nel caso in cui il  flusso di petrolio attraverso lo stretto di Hormuz venisse dimezzato per un mese, per poi rimanere in calo del 10% negli 11 mesi successivi.

Ad oggi nei mercati globali, il petrolio segna un +2% sia sul mercato del Brent che su quello del petrolio statunitense. Ovviamente, il prezzo del gas aumenta in linea con quello del petrolio, come dimostra l’avvio del mercato di Amsterdam, in cui oggi le quotazioni hanno guadagnato un +2% a 41,90 euro al megawattora.

Il nuovo conflitto in Medio Oriente rischi dunque di trasformare la vita di tutti i giorni in una corsa al listino prezzi meno caro. Il mondo Occidentale, ma anche l’Asia, si prepara ad affrontare una nuova crisi del prezzo del petrolio, ancora una volta incapace di prevederla e di muoversi in anticipo per mitigarne i colpi.

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