Nonostante Vladimir Putin abbia condannato l’evasione fiscale, non ha mai promosso leggi ad hoc per fermare il flusso di capitali uscenti dalla Russia, ma pare che abbia approfittato direttamente per le sue risorse.
Gli oligarchi russi hanno spostato i loro beni finanziari in compagnie offshore, nei paradisi fiscali come le Isole Vergini britanniche, le Bermuda o Cipro. È quanto emerge dalle ultime analisi del Washington Post e dall’inchiesta Pandora Papers. Il trasferimento delle ricchezze dei grandi magnati dell’economia russa sarebbe stato suggerito dallo stesso Putin. Pare che proprio il 24 febbraio, all’alba dell’invasione dell’Ucraina, lo zar avrebbe convocato 37 oligarchi per spiegare come tale mossa finanziaria fosse una misura necessaria in previsione delle sanzioni in arrivo dall’Occidente. I magnati coinvolti sono i padroni dell’economia russa, imprenditori nelle industrie energetiche, chimiche, metallurgiche e bancarie, su cui poggia gran parte del capitale di Mosca. Si stima almeno 1000 miliardi di dollari siano custoditi in compagnie offshore, cifra pari a quella detenuta dall’intera popolazione russa dentro i confini.
Degli oligarchi presenti a Mosca nella riunione di fine febbraio, quasi tutti sono stati sanzionati dall’Occidente. Fra essi, oltre la metà ha legami diretti con società offshore che gestiscono transazioni finanziarie difficilmente rintracciabili. Gran parte delle ricchezze erano già state spostate nei paradisi fiscali molto tempo prima della guerra, le lunghe inchieste giornalistiche come i Panama Papers e la più recente Pandora Papers lo hanno già accertato.
I documenti dell’inchiesta Pandora Papers, pubblicata nell’ottobre 2021 dai reporter del Consorzio di giornalismo investigativo internazionale – ICIJ – hanno rivelato che molti degli oligarchi russi o i loro familiari possiedono società alle isole Vergini Britanniche, a Cipro o in altri luoghi noti per la segretezza finanziaria e i vantaggi fiscali. Tra loro Vagit Alekperov, ex presidente di Lukoil, Andrey Akimov, presidente di Gazprombank e German Gref, capo della Sberbank.
Le compagnie create all’indomani dell’incontro al Cremlino sono state utilizzate per proteggere progetti e attività. Presenti nel patrimonio anche yatch, come quello 600 milioni di dollari di Andrey Melnichenko, intestato a una società con residenza alle Bermuda o jet privati, come il Gulfstream G650 di Leonid Mikhelson, dal valore di 65 milioni di dollari, detenuto da una compagnia dell’isola di Man.
Come trasferiscono i capitali
Il trasferimento di capitali in società offshore è una mossa che viene intrapresa dai magnati russi non solo per sfuggire le sanzioni dell’Occidente, ma anche per proteggere i loro beni da inchieste, autorità fiscali e tycoon rivali.
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno avviato degli accertamenti contro queste società illecite, ma senza ottenere finora grandi risultati. «Il sistema finanziario offshore ha consentito a Putin e ai suoi sodali di proteggere la ricchezza che hanno rubato dal Paese senza leggi che hanno creato – ha commentato il deputato democratico Tom Malinowski – Denunciamo la corruzione e gli abusi dei diritti umani in Russia ma abbiamo steso il tappeto rosso per gli amici di Putin che beneficiano di quella corruzione e di quegli abusi».