“Le recenti azioni dell’amministrazione statunitense avranno sicuramente un impatto sull’economia europea“. E’ questo il monito di Mario Draghi che, intervenuto al XVIII summit sull’innovazione Cotec Europa, ha spiegato come seppure le tensioni commerciali si attenuassero, è probabile che “l’incertezza permanga e agisca da vento contrario per gli investimenti nel settore manifatturiero dell’Ue“.
L’ex Presidente della Bce si interroga sui motivi per cui “abbiamo smesso di essere nelle mani dei consumatori statunitensi per guidare la nostra crescita“, oltre a “come possiamo crescere e generare ricchezza da soli“. La questione sollevata viene declinata con il solito realismo draghiano: non è possibile diversificare dagli Stati Uniti nel breve periodo. Bensì, “possiamo e dobbiamo cercare di aprire nuove rotte commerciali e far crescere nuovi mercati“.
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Dopo l’intesa economica con il Regno Unito e l’accordo raggiunto con Pechino sulla sospensione per 90 giorni della maggior parte dei dazi incrociati, la guerra commerciale scoppiata lo scorso 2 aprile con l’imposizione delle tariffe del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha visto il suo raffreddamento. Al contempo però, si sta appiattendo anche l’entusiasmo dei mercati, in attesa dei prossimi sviluppi.
Tra Washington e Bruxelles la distanza appare ancora dilatata, i dati sull’inflazione Usa di ieri sono gli ultimi “ripuliti” dall’effetto dazi e il Dragone ha criticato l’intesa anglo-americana come possibile barriera alle proprie merci nel mercato britannico. Di conseguenza, le Borse si mantengono caute dopo gli scossoni subiti in queste ultime settimane.
A detta dell’ex premier, vento di cambiamento soffia già da “diversi anni e la situazione si stava deteriorando anche prima del recente innalzamento delle tariffe“. Quindi, tutte le frammentazioni politiche interne, insieme alla crescita debole, “hanno reso più difficile una effettiva risposta europea“. E, Mario Draghi rimarca senza esitazioni le condizioni dell’attuale panorama economico. Ovvero, gli eventi più recenti sembrano aver rappresentano un “punto di rottura“, dove l’uso massiccio di azioni unilaterali per risolvere le controversie commerciali e il “definitivo esautoramento del Wto” hanno minato “l’ordine multilaterale in modo difficilmente reversibile“.
L’ex Governatore della Banca d’Italia riflette sulle azione compiute dall’Unione europea, che ha riformato le sue regole fiscali e ha attivato la “clausola di salvaguardia” per cercare di facilitare l’aumento delle spese per la difesa. Ma, fa notare come finora siano solo 5 dei 17 Paesi dell’area dell’euro ad aver optato per un “periodo di aggiustamento prolungato”. Cinque Paesi rappresenterebbero circa il 50% del Pil.
Draghi ragiona considerando quella che definisce una “componente chiave della tabella di marcia”. Si tratterebbe dell’emissione di debito comune dell’Ue per finanziare la spesa comune che, calato in un contesto in cui il debito risulta essere già elevato, e l’esenzione di categorie di spesa pubblica dalle regole di bilancio “può arrivare solo fino a un certo punto“, può giocare un ruolo fondamentale.
Passando poi ad analizzare i prezzi rilegati all’energia, Draghi palesa come siano elevati, e le carenze della rete sono, in primo luogo, “una minaccia per la sopravvivenza della nostra industria“, nonché “un ostacolo importante” che influenzerebbe sulla competitività. Più concretamente poi, si tratterebbe di un “onere insostenibile per le nostre famiglie” e, se non affrontati, “rappresentano la principale minaccia alla nostra strategia di decarbonizzazione“.
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