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Dazi, l’assist all’Ue delle corti Usa: Trump è indebolito ma Bruxelles sceglie ancora la cautela

Tra sentenze sospese e negoziati incerti, Bruxelles tenta di evitare l’escalation commerciale con Washington. Il futuro delle industrie europee appeso a un verdetto americano

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La sentenza del Tribunale del Commercio Internazionale di New York ha messo in discussione gran parte dei dazi introdotti dal presidente Donald Trump. La decisione è momentaneamente sospesa, grazie alla decisione dei giudici della corte di appello Usa che hanno congelato una delle due sentenza del Tribunale commerciale. Trump ne esce vittorioso a metà, ma indebolito dalle cause intentate dai suoi stessi cittadini e ritenute lecite dai giudici americani. Ora solo il tempo potrà chiarire in che modo potrà concludersi questo scenario.

L’Unione Europea, intanto, attende pazientemente la decisione, mentre lavora a possibili contro tariffe con cui colpire gli Stati Uniti nel caso in cui non sia possibile trovare un accordo sui dazi entro il 9 luglio. L’export verso gli Stati Uniti, che vale oltre 500 miliardi per l’UE e circa 60 miliardi per l’Italia, potrebbe essere soggetto a dazi doganali del 50%.

Le mosse degli Stati Uniti

Negli ultimi mesi le tariffe sono cambiate frequentemente: dal 2,2% inziale si è passati al 20%, per poi ridursi all’attuale 10%. Nell’attesa della decisione di New York, l’amministrazione Usa non resta a guardare. In caso di sconfitta nei tribunali, potrebbe provare un successivo ricorso alla Corte Suprema o tentare di riproporre le stesse mire protezionistiche su basi giuridiche differenti. Eppure anche queste potrebbero essere vulnerabili a nuovi ricorsi legali.

Questo “tira e molla” normativo genera un clima d’incertezza per le aziende di tutto il mondo, visto che il commercio diretto verso gli Stati Uniti vale 4.200 miliardi di dollari all’anno, il doppio del prodotto lordo dell’Italia.

Le risposte ai dazi da Europa e Regno Unito

Bruxelles si trova nel pieno di un’impresa diplomatica. L’Unione Europea, che dovrebbe muoversi a blocco unito, sembra divisa e silenziosa. Eppure la linea ufficiale resta ambigua: da un lato si valutano possibili concessioni per evitare lo scontro commerciale, dall’altro si prende atto della fragilità legale della strategia americana.

La strategia europea è stata però comunicata ai 27 ambasciatori Ue dopo una telefonata tra Ursula von der Leyen e Donald Trump. La linea è un accordo per evitare l’escalation tariffaria. In assenza di intesa, dal 9 luglio scatterebbero automaticamente dazi al 20%, con il rischio di un aumento al 50% come extrema ratio.

Solo alcune voci isolate, come quella del ministro dell’Economia spagnolo Carlos Cuerpo, hanno commentato la situazione, definendo la sentenza americana un segnale incoraggiante per l’Europa. La Francia invece spinge per una risposta più dura e l’adozione immediata di misure di ritorsione. Altri, come l’Italia e Germania, preferiscono evitare lo scontro chiedendo che l’industria rimanga il fulcro delle trattative.

Il Regno Unito, fuori dall’Ue, ha scelto una via diversa: ha firmato un accordo vago con Washington rinviando decisioni delicate, come quelle su farmaci, acciaio e automobili, a future trattative. La risposta britannica è stata quindi quella dell’attesa silenziosa, in attesa del verdetto definitivo dei giudici americani.

Le azioni parallele di Bruxelles

Nel frattempo, Bruxelles continua a lavorare su più fronti. Ursula von der Leyen ha chiesto a BusinessEurope, la confederazione che rappresenta le principali associazioni industriali del continente, di comunicare gli investimenti pianificati dalla imprese europee negli USA. L’obiettivo è usare questi dati nelle trattative, mostrando a Washington il valore strategico del legame con l’Europa.

Allo stesso tempo, l’Europa vuole eliminare progressivamente i dazi industriali e, in cambio, aumentare le importazioni europee di gas naturale liquefatto, soia e armamenti americani. Si rafforzano anche i rapporti con altri partner globali, tra cui figura l’accordo di scambio libero con Emirati Arabi Uniti.

Due lezioni da imparare

Questa fase di movimentata incertezza porta con sé due riflessioni. La prima riguarda l’economia: l’instabilità normativa e commerciale sull’accesso al mercato statunitense frena investimenti e complica scelte strategiche per migliaia di imprese. Quando il 14% dell’import globale è legato a un mercato imprevedibile, l’effetto domino è inevitabile.

La seconda lezione è politica. In tempi come questi, l’Unione Europea deve difendere ciò che la rende credibile agli occhi del mondo. Il rispetto del diritto internazionale, la ricerca del compromesso, la solidità istituzionale e la difesa di mercati aperti non sono elementi di forza. Per l’Europa, mantenere la rotta della legalità fa guadagnare fiducia e autorevolezza.

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