Nuovo aumento in vista per fronteggiare gli scenari attuali, mercoledì vertice decisivo. Dal crack del 2008 ad oggi, vediamo quali sono state le manovre economiche della banca centrale americana
Con una continua crescita dell’inflazione negli Stati Uniti si ipotizza che già da mercoledì la Federal Reserve possa aumentare i tassi di riferimento di almeno mezzo punto. Così la Fed cerca di frenare la generalizzata crescita dei prezzi che sta colpendo duramente l’economia americana.
La Fed fronteggia la crisi del 2008
Ma quali sono state le manovre economiche effettuate dalla banca centrale degli USA a partire dalla crisi finanziaria? Nell’autunno del 2008, alle porte della crisi mondiale, la Fed inizia con ingenti iniezioni di liquidità volte all’acquisto di qualsiasi attività che fosse dotata di un valore e, nel dicembre dello stesso anno, verranno promossi i primi tagli ai tassi dello 0,75% e dell’1,00% con l’obiettivo di riuscire a riportarli all’interno di un range standard che andasse dallo 0% al 0,25%. Mentre gli acquisti di attività, gli asset, andranno avanti per 6 anni, fino al 2014, il taglio dei tassi rimarrà tale, invece, fino al 2015.
Con un balzo di due anni arriviamo nell’ottobre del 2017, quando inizia la riduzione del bilancio nazionale che, nel frattempo, era passato dall’essere meno di 900 miliardi di dollari, prima dell’inizio della crisi finanziaria, ad essere di 4.500 miliardi. Questo porterà, tra la fine del 2018 e l’estate del 2019 ad un aumento massimo dei tassi che arriveranno ad essere compresi tra il 2,25% e il 2,50%, ben al di là del range standard.
Un incremento fortemente criticato dall’ex presidente americano Donald Trump e che si concluderà, nello stesso autunno, con una loro nuova riduzione: tra la guerra commerciale condotta da Trump e il conseguente rallentamento della crescita economica, i tassi raggiungeranno l’1,50% e l’1,75%.
La pandemia ostacola nuovamente l’economia
Con l’inizio della pandemia la Fed taglia ancora una volta i tassi dello 0,50%, portandoli tra l’1% e l’1,25%. Una riduzione che non si arresta e, il 16 aprile 2020, la banca centrale avvierà nuove manovre economiche che condurranno ad un radicale calo dell’1%, abbassando i tassi allo 0,25%, e alla riproposta della politica monetaria del quantitative easing: programmi di acquisto di asset di banche centrali creati appositamente per il rilancio dell’economia. Tale operazione, che ammontava a 120 miliardi di dollari al mese, però, provocherà l’aumento dell’inflazione.
Inflazione record
Il 3 novembre 2021 la Federal Reserve si accorgerà che il fenomeno inflazionistico non è transitorio. Accelererà dunque il termine degli acquisti di asset lanciati poco più di anno prima, acquisti che verranno ultimati nel marzo del 2022, accorciando le tempistiche di 3 mesi. Stavolta però, la banca centrale americana torna ad aumentare i tassi con una manovra che non avveniva dal 2018, portandoli in un range compreso tra lo 0,25% e lo 0,50%, dove si trovano ad oggi.
Dall’ultima riunione tenutasi emerge che gran parte del comitato esecutivo della Fed propenda per un ulteriore aumento di mezzo punto, un’operazione che potrebbe contrastare l’inflazione record. Ad oggi, però, continua ininterrotta la crescita dei prezzi al consumo che, negli Stati Uniti, è salita vertiginosamente del 6,6% in un anno e dello 0,9% nell’arco di un solo mese.