Università, sempre meno iscritti a facoltà mediche: colpa del numero chiuso?

La soluzione di renderli a numero aperto non convince, poiché "andrebbe a ridurre la qualità dei laureati", portando dunque disoccupazione

Redazione
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L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Prima ancora, però, è importante formarsi per poterlo svolgere al meglio. La conoscenza è tutto nella vita. Un tempo, nelle università, l’accesso era incontrollato; poi sono state introdotte le facoltà a numero chiuso, accessibili solo a un numero limitato di persone. Il test di ingresso, un grande scoglio che molti ragazzi hanno dovuto affrontare, è stato molto spesso la causa della rinuncia a molti sogni, privilegiando il piano qualitativo. Ora la situazione si è capovolta: si sta verificando una diminuzione degli iscritti a determinati corsi di laurea, e anche i neolaureati trovano lo scoglio del test per le specializzazioni, soprattutto in certe specialità mediche. I numeri dei laureati ne sono una conferma. Nella nostra penisola mancano molti medici; tra le categorie mancanti ci sono quelle nel settore dell’emergenza, anestesia e medicina generale.

Lo scoglio test d’ingresso a numero chiuso

Il problema in questione non riguarda il numero di laureati, uguale al resto dell’Europa, ma il basso numero di accessi ai test ‘ingresso, specie per alcune facoltà mediche. “La soluzione di renderli a numero aperto però non convince andando a ridurre la qualità dell’insegnamento, portando poi al problema della disoccupazione dei giovani appena laureati”. Queste le parole di Pier Luigi Lopalco ad Adnkronos Salute, Professore di Igiene all’Università del Salento. Dichiarazione pervenuta in occasione dell’ultima giornata di sessione di prove per l’ammissione del 2024 al corso di Medicina e Chirurgia. 

La proposta, numero aperto per facoltà bio-mediche

Non si esclude che in futuro la situazione accademica possa subire un’ulteriore modifica. Una proposta da parte della Commissione Istruzione del Senato sarebbe di introdurre un numero aperto per varie facoltà in area biomedica, con corsi semestrali propedeutici. Di certo la situazione deve prendere una piega diversa, dovendo garantire e mettere al primo posto il futuro di tutti i ragazzi. Anche di chi non ha superato i test. Proseguendo sulla stessa scia di chi ha intenzione e la buona volontà di proseguire gli studi. Rendendo questo mondo italiano più su misura di ragazzo. Cosa rispondiamo a quei giovani che dopo anni persi nel tentativo di superare il famigerato test, scoprono che quella facoltà non faceva al caso loro?

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