Quell’angelo è di Caravaggio? Le ipotesi sull’attribuzione della “Deposizione di Cristo”

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Un convegno tra esperti del settore a Bernate Ticino per fare piena luce sulla firma del Merisi che potrebbe celarsi nell’opera di Simone Peterzano, suo maestro

L’angelo raffigurato nella “Deposizione di Cristo” di Simone Peterzano potrebbe essere stato dipinto dal giovane Caravaggio, suo allievo, e costituire una delle prime opere del celebre artista.

L’ipotesi è del professor Carmelo Lo Sardo, il quale aveva restaurato l’opera nel 2012, e che oggi ha riunito un comitato scientifico di fama nazionale e internazionale nella sala della Canonica agostiniana accanto alla chiesa di San Giorgio. La giornata di studi, dedicata alla questione dell’attribuzione al primo Merisi, è stata organizzata con la collaborazione del Comune di Bernate Ticino e della sindaca Mariapia Colombo, dell’associazione Calavas e, inoltre, con il contributo del Rotary Club di Magenta che ne aveva finanziato il restauro unitamente ai Rotary di Parigi, Berlino e Murcia.

Dopo i saluti istituzionali della sindaca Colombo e del parroco don Germano Tonion, la professoressa Marzia Bognetti, dell’associazione Calavas, ha dato il via ai lavori con un intervento sulla storia della Canonica e della chiesa di San Giorgio. Il professore emerito Gerard Maurice-Dugay dell’università Sorbona di Parigi e della Scuola del Louvre, collaboratore scientifico di sir Denis Mahon, di Federico Zeri e di Mina Gregori, ha inviato i suoi saluti e gli auguri di buon lavoro via video.

Lo Sardo ha rilevato: “Nel corso del restauro, che è durata circa un anno, è emersa una peculiarità. Nell’opera si legge il contributo di diverse maestranze. Non c’è solo la mano del Peterzano, che ha dipinto con certezza il Cristo morto e il ritratto di Don Desiderio Tirone (il committente dell’opera, ndr): l’angelo che sorregge pietosamente la figura del Cristo è stilisticamente differente dagli altri personaggi e ha le caratteristiche tipiche di una mano esordiente, ma geniale nella resa aggraziata del movimento e sensibile al colore. Costituisce il germe di un modello stilistico e cromatico che si perfezionerà nelle luminose opere giovanili del Merisi”.

Il professor Pierluigi Carofano, storico dell’arte, già docente dell’università di Siena, ideatore e curatore di diverse mostre su Caravaggio, ha proposto un intervento dal titolo “Riflessioni sulla formazione del giovane Caravaggio”. “Grazie a questo evento, per la prima volta viene valorizzata questa opera di Simone Peterzano, maestro di Caravaggio. Opera in cui alcuni studiosi hanno voluto ravvisare la mano dello stesso Merisi. Peterzano è sicuramente un pittore da riscoprire e rivalutare, anche in funzione della formazione di Caravaggio, che resta ancora oggi misteriosa”.

A seguire la dottoressa Francesca Rossi, storica dell’arte, museologa, curatrice e conservatrice dei musei d’arte del Comune di Verona e poi responsabile del Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco di Milano, è intervenuta sul tema “Il Fondo Peterzano: un archivio visibile”. “Trattare Peterzano – ha raccontato – è per me un dovere morale. Parlo di archivio visibile perché è quello che ci consente di andare avanti con gli studi, di offrire opportunità agli studiosi e a tutti coloro che vogliano indagare. Da questo archivio è emersa tutta la forza del profilo di Peterzano che, indipendentemente dall’esser stato maestro di Caravaggio, assume un ruolo preponderante nella cultura artistica milanese. L’analisi degli anni di poco precedenti all’ingresso del giovane Merisi in bottega o coincidenti, è cruciale. Il tema della cronologia è fondamentale, ma soprattutto scivoloso e pieno di dubbi”.

Ha concluso la professoressa Paola Caretta, storica dell’arte, studiosa delle arti figurative di Cinquecento e Seicento che ha indagato, in particolare, i debiti formativi e figurativi di Caravaggio con l’ambiente veneto lombardo. La professoressa ha presentato l’intervento “Relazioni figurative: da Peterzano a Caravaggio”. “Caravaggio presenta una relazione molto forte con Peterzano, ma non è l’unico per cui mostra interesse – ha precisato – Ci sono una serie di disegni realizzati da artisti a lui precedenti indicativi di come anche il Merisi abbia assorbito un certo tipo di formazione che poi ha utilizzato a suo modo, gestendola liberamente e camuffando i riferimenti antichi con il realismo che tutti conosciamo”.

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