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Dior, l’era Chiuri volge al termine

La designer romana di origini pugliesi saluta la maison francese dopo quasi dieci anni di direzione creativa nelle proprie mani. Lo stupore non molto, piuttosto una conferma di quanto si vociferava da almeno un anno

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La direzione artistica del womenswear Dior è ufficialmente in sede vacante. Maria Grazia Chiuri chiude con la maison francese dopo 9 anni di matrimonio. Lvmh ha confermato quella che ormai da diversi mesi circolava tra i corridoi del 30 avenue Montaigne di Parigi. Lo show di due giorni fa nella sua Roma, a Villa Albani Torloni, è stato dunque l’addio della designer romana al marchio francese.

La sua visione concreta e pragmatica nel leggere la realtà e saperla declinare nella più immediata comunicazione, riusciva a fare centro nei temi cruciali dell’attualità. Nove anni di un Dior costruito sulla vera e sincera dedizione alle donne, che ha fatto esplodere i fatturati del marchio mentre promuoveva e supportava l’arte e le cause femministe.

Affiancata da artigiani di altissimo livello e atelier fiore all’occhiello della moda, Chiuri grazie al “loro talento e la loro esperienza” è riuscita a “realizzare la mia visione di una moda femminile in stretto contatto con diverse generazioni di artiste“. Insieme, la designer romana esprime il proprio orgoglio per aver “scritto un capitolo stilistico di grande impatto“.

Chiuri: “Roma non l’ho mai lasciata”

La collezione Dior Cruise 2026 è l’ultima firmata dalla designer di origini pugliesi che di Roma ha fatto il suo cuore. Infatti, proprio nella Urbe ha scelto di far sfilare la sua ultima proposta di maestria artigianale. Nei giardini della settecentesca Villa Albani Torlonia, dove neanche la pioggia ha potuto ostacolare lo show a cui hanno partecipato 800 ospiti, Chiuri ha presentato il suo pensiero e immagine di Capitale.

In fondo, “Roma non l’ho mai lasciata” rivela Maria Grazia che ha lavorato da Fendi e da Valentino, per poi decollare per la Ville Lumiere e intraprendere il viaggio nella maison di Christian Dior. Il defilè è ispirato alla contessa Mimì Pecci Blunt e al suo celebre Le Bal Blanc negli anni Venti (un po’ alla Paul Poiret, uno dei fondatori della moda, che si ispirò a Le Mille e una notte per proporre alla società un sogno ad occhi aperti).

Una scelta che è ricaduta su ciò che la contessa è stata, “perché era una mecenate dell’arte ed è stata la fondatrice del Teatro La Cometa“, che la stilista ha riaperto pochi giorni fa e che riprenderà la sua programmazione a settembre.

E “proprio perché sono stata a lavorare in un altro Paese ho potuto apprezzare il mio e le connessioni che ci sono anche tra paesi lontani”, come dimostrato nella collezione, rivelatasi l’ultima, che ha riassunto tutto il suo mondo: dalla couture al pret à porter, dall’arte fino alla sperimentazione.

Una collezione con cui Chiuri ha ricomposto a modo suo i personaggi, i paesaggi, le storie e le mitologie di Roma. In un pensiero che predilige l’interrogazione e l’intuizione poetica per definire un nuovo ricamo di affinità tra realismo e sogno. Capi importanti in pizzi leggerissimi, capi metamorfici, abiti in velluto color rubino, alternati a elementi vestiementari della storia della moda e del costume. Abiti che sono evocazione della casula, e colori che rompono la sequenza dei bianchi con il nero e il rosso del velluto di abiti corti, omaggio diretto alle Sorelle Fontana e alle loro creazioni per Anita Ekber in La Dolce Vita.

Una sfilata che è un caleidoscopio in cui tutto convive e tutto sembra stare a sé, come in fondo la sua vita professionale tessuta a doppio filo con una passione di cui ha fatto la propria quotidianità. Una sfilata dietro la quale si celava un commuovente addio e la curiosa paura di quel che sarà il futuro.

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